Svezzamento: cosa fare e cosa non fare – Svezzamento parte III

Di seguito i miei consigli su cosa fare e cosa non fare quando l’argomento é lo svezzamento.

Partiamo con cosa sconsiglio di non fare.

Servire porzioni troppo grandi. Servigli delle porzioni appropriate e non insistere se si dichiara sazio. Ogni bambino è perfettamente capace di autoregolarsi sulla quantità di cibo che gli è necessaria, perciò è molto importante evitare ogni forzatura e imparare a riconoscere i segnali con i quali ci comunica quando è sazio o quando ha fame.

Sconsiglio anche ad insistere affinché svuoti il piatto. Forzare il bambino a mangiare controvoglia è controproducente. Il pasto deve comunque essere un momento di piacere. Se al contrario diventa un momento di tensione tra genitori e figli, si rischia di creare uno sbagliato rapporto con il cibo che si potrà ripercuotere anche sulla sua vita adulta.

Permettigli di scegliere qual è il menu.
Lascia che esprima i suoi gusti. Ricorda però che seppur privilegiando i suoi cibi preferiti, è importante proporre sempre nuovi sapori ed è bene che gli alimenti sani, come frutta e verdura, non facciano le spese a favore di alimenti di solito più graditi ai bambini come il formaggio. Ricordatevi che le abitudini alimentari imparate nei primi due anni di vita tendono a mantenersi nel tempo.

Smettere di provare! Possono volerci fino a 20 tentativi prima che un bambino accetti un determinato sapore quindi non mollate al primo colpo e continuate a proporre l’alimento incriminato. Inoltre se dovesse sputare un alimento non significa necessariamente che non gli piaccia, a cibi diversi corrispondono reazioni diverse…se invece proprio non gli piace riprovate dopo una settimana.

Non usare il cibo come premio: soprattutto se il premio consiste in alimenti grassi e zuccherosi che ovviamente ai bimbi piacciono molto. Se un dolce diventa una ricompensa, nella mente del bambino si crea l’idea che il dolce è auspicabile mentre il cibo sano non lo è, contribuendo così a creare uno sbagliato rapporto con l’alimentazione.

L’abitudine di offrire un ultimo pasto a base di latte prima della nanna è diffusa ma non per questo da incoraggiare per principio. Se il bambino reclama il latte e si ha la sensazione che accontentarlo significhi anche garantirgli un più rapido addormentamento e un riposo notturno più sereno e continuativo si può tranquillamente concederlo, diversamente non conviene proporglielo.

E se non mangia?

Vorrei rispondere a questa domanda dicendovi cosa è capitato a me.
Allora avevo appena finito di raccogliere tutte le informazioni quando cosa come ecc. ero prontissima, pazza come sono avevo già deciso il menù per i primi due mesi circa…hihihi….eccitatissima preparo con il mio fedele bimby il brodo e comincio a fare tutti gli intrugli mescolo la farina e il brodo, preparo il seggiolone tutto da manuale, prendo la piccola le metto il primo cucchiaino in bocca ed ecco l’inaspettato: mi risputa tutto con una faccia che più schifata non si può….e vabbè dovrà abituarsi penso, d’altronde la frutta se l’è sempre sbaffata con gusto, e invece il secondo cucchiaino uguale al primo il terzo peggio che i primi e al quarto aveva deciso di scioperare, bocca serrata e niente più…e quindi?

Ovviamente ho dovuto cambiare i programmi e trovare il metodo per fare mangiare la piccola.

Cominciamo con il dire che nel modo di crescere la mia piccolina ho scelto in leitmotive: serenità!

Cerco di essere una mamma poco apprensiva ma attenta ai bisogni, pericoli e necessità e sono fermamente convinta che i bambini non sono macchine.

È vero che seguono i medesimi ritmi e vanno incontro pressappoco alle medesime esigenze ma non è detto che il giorno del suo sesto mese sia pronto per lo svezzamento o perché è il calendario a dirlo o il pediatra.

Quando sarà pronto lui si potrà procedere e non prima, la mamma dovrebbe essere una guida, un sostegno e soprattutto in questi primi mesi una complice capace di capire le esigenze del neonato e non imporgli le proprie.

Quindi vi darò 7 consigli che per quanto mi riguarda sono risultati essere molto utili:

  1. Verificate e controllate che il bambino sia in salute.
    Febbre, diarrea, sintomi influenzali, dentini potrebbero essere la causa dell’inappetenza. Qualora si presentassero questi o altri sintomi e , se il rifiuto del cibo persiste, è svogliato, stanco e ha perso peso, non esitate a contattare il pediatra. Per tutti gli altri casi armatevi soltanto di una bella dose di pazienza.
  2. La primissima cosa è approcciare il piccolo al cucchiaino.
    Diversamente da quanto si creda l’accettazione del cucchiaino è, una cosa naturale e innata, nel caso in cui il neonato non collaborasse è semplicemente perché non è ancora pronto. Fino al quinto o sesto mese di vita il bambino presenta il cosiddetto riflesso di estrusione, che lo porta a cacciare istintivamente la lingua quando viene stimolata la bocca. Per permettere che il neonato accetti senza problemi il cucchiaio, è necessario che questo riflesso sia sparito pertanto, Non forzatelo e siate pazienti. Meglio iniziare, con un cucchiaino di silicone, morbido e sicuro. Assicuratevi che il cucchiaio che state scegliendo sia poco concavo, in modo da facilitarvi anche la raccolta dell’eventuale pappa che cola. Possibilmente lasciategli un cucchiaino tutto per lui per famigliarizzare.
  3. Istinto di sopravvivenza:
    Non forzate il bambino in alcun modo, e non vi preoccupate non si lascerà morire di fame! A riguardo vi consiglio questa lettura, è dedicata soprattutto alle mamme preoccupate di far mangiare i piccoli a tutti i costi facendosi venire crisi di nervi e ansie.
    Qui il libro che vi consiglio – > Il mio bambino non mi mangia
    L’inappetenza è un problema di equilibrio tra quello che un bambino mangia e quello che sua madre si aspetta che mangi. Mai obbligarlo. Non promettere regali, non dare stimolanti dell’appetito, né castighi. Il bambino conosce molto bene ciò di cui ha bisogno. Anche un bambino in buona salute non sempre ha lo stesso appetito. Per accontentarvi il bimbo potrebbe mangiare senza appetito E vi farà felice. Ma, alla lunga, andare al di so­pra delle sue esigenze “lo porterà a un cattivo rapporto con il cibo. Il pediatra Carlos González, responsabile della rubrica sull’allattamento materno della rivista Ser Padres, sdrammatizza il problema e, indicando regole chiare di comportamento, tranquillizza quelle madri che vivono il momento dell’allattamento e dello svezzamento come una questione personale, con angustia e sensi di colpa. Le mamme impareranno a riconoscere: l’importanza dell’allattamento al seno; quello che non bisogna fare all’ora dei pasti; i luoghi comuni e i falsi miti legati allo svezzamento e soprattutto a rispettare le preferenze e le necessità del loro bambino.
  4. Cibo è sperimentazione:
    Il momento del pasto DEVE essere vissuto come un momento positivo di condivisione tra genitori e figli, nota bene non tv e figli né cellulare e figli. Il bambino deve essere felice di essere seduto a fare esattamente ciò che sta facendo, mangiando senza distrazioni. Il suo approccio al cibo potrebbe condizionare il suo rapporto futuro con lo stesso, quindi se non volete dover corrergli in futuro dietro per tutta la casa per farlo mangiare o essere costretti ad avere televisione o radio a portata di mano. Evitate di dare cattive abitudini.
  5. Attivo no passivo:
    Fate in modo che sia il più presente possibile, avvicinatelo al tavolo mentre mangiate, iniziate da subito a condividere il momento familiare del pasto, create una routine, un po come per la nanna, adagiatelo nel seggiolone mentre apparecchiate, offritegli un suo cucchiaino con cui giocare mentre fa la pappa e non. Permettetegli di pasticciare con le mani la pappa stessa. Insomma rendetelo il più partecipe possibile a ciò che avviene durante il pasto.
  6. Rispettate i suoi tempi:
    Se non è pronto, non è pronto! Senza frustrazioni, ne paure ansie o vergogna di essere diversi considerate le sue priorità e non le vostre, cercate di capire cosa gli crea disagio (il seggiolone, il cucchiaino, l’ambiente, il gusto, ecc) e agite per correggere il problema, un passo alla volta. Difficilmente osservandolo attentamente non riuscirete a coglierne il motivo. Ricordate che non ci sono tempistiche o scadenze da rispettare e non dovete rendere conto a nessuno se non alla creatura che avete davanti. La mia piccola per esempio inizialmente non gradiva ne la consistenza ne il gusto della prima pappa alche per la prima settimana ho preparato la pappa che le proponevo con il cucchiaino ma che dopo i primi pianti rovesciavo senza indugio nel biberon allungandola con un altro po’ di brodo e anche se non era proprio di suo gusto la beveva tranquilla. Credo che arrivasse troppo affamata e il cucchiaino non la saziava così ho spostato la frutta a metà mattinata e dopo una settimana così ,il numero di cucchiaini ha cominciato ad aumentare e la quantità da travasare nel biberon a diminuire, ma non c’era ancora quel clima disteso che tanto agognavo alche bando alle indicazioni telefonai alla pediatra chiedendo se potevo passare prima agli omogeneizzati, la sua risposta? Signora, la bimba deve mangiare la carne scelga lei come…La adoro! Con gli omogeneizzati è cambiato tutto e ho addirittura dopo pochi giorni dovuto aumentare le dosi per come se la sbaffava. Amiche invece hanno avuto problemi con il seggiolone e capendo facendolo mangiare in braccio, che il problema era quello hanno gradualmente fatto accettare al piccolo la situazione. Quindi regola fondamentale: Osservatelo!
  7. Non combattete ma perseverate:
    Se dopo aver provato diversi sapori, diverse consistenze, diversi luoghi, il piccolo dovesse ancora rifiutare il cibo, potrete sempre chiedere consiglio al vostro pediatra di famiglia. Ricordate che un’atmosfera comoda e rilassata durante i pasti facilità buone pratiche alimentari, con incoraggiamenti e senza litigi, questi episodi saranno passeggeri e non inficeranno un adeguato consumo di alimenti. Ma concretamente che fare se il piccolo comincia a piangere disperato? Io sono per toglietegli il piatto e farlo tranquillizzare, provare a riproporglielo dopo una mezz’oretta (potrebbe non essere ancora abbastanza affamato all’orario che avete scelto per il pranzo) ma fate attenzione a non farlo mangiare irregolarmente, potrebbe innescare un circolo in cui avrà sempre meno appetito al pasto successivo. Ma se invece non si dovesse calmare per la troppa fame? Provate con la frutta o con lo yogurt, in modo che non associ il fatto che se piange evita la pappa per ottenere il latte. Successivamente potrete anticipare la poppata successiva se fosse ancora affamato, ma questo potrete valutarlo solo dopo aver osservato ed effettuato le diverse prove. Non combattete quindi contro di lui imponendogli una particolare alimentazione ma nello stesso tempo non demordete e portate avanti la vostra linea step by step.

Scarica la guida completa sullo svezzamento

Tabella di marcia sui vaccini: quando farli e altre curiosità

I vaccini, che argomento spinoso!

Soprattutto da quest’anno che sono passati obbligatori.
Premetto che il mio ruolo non è assolutamente quello di dire se è giusto o sbagliato farli, ma vi posso dire ciò che ho fatto io e il perché, forse potrà aiutarvi nelle vostre scelte.

Io sono la prima che reperisce molte informazioni su internet, ma quando lo faccio, cerco quanto più possibile di non farmi condizionare dalle mie idee anzi cerco di farmi un opinione in modo razionale.

Un convinto sostenitore del fatto che i vaccini non facciano bene, in automatico leggerà notizie su notizie e le suddividerà credendo ovviamente che chi dice il contrario è un truffatore e che chi sostiene le stesse sue tesi è un genio, quindi scriverà anche la sua opinione da profano che però vuole illuminare gli altri su ciò che ha letto e così inevitabilmente si moltiplicheranno le opinioni di chi in fondo non ne sa nulla perché non ha fatto studi specifici e si basa su informazioni riportate chissà da chi, ma allora mi chiedo: è sempre bene fidarsi di Facebook o altri social per reperire notizie?

Io penso che internet sia un valido strumento ma deve essere sempre supportato da tesi comprovate di veri specialisti del settore.

Siamo arrivati al punto in cui i medici sono tutti opportunisti senza scrupoli che per guadagnare due soldi in più ucciderebbero un sacco di bambini innocenti, somministrando medicine inutili a infanti solo per un tornaconto economico? Ma dai! Siamo seri?

La paura è intrinseca in ognuno di noi, io sono molto credente e la sera prima del vaccino prego sempre che non capiti nulla. Purtroppo è questo che guida la vita di tutti quanti noi: la paura.

I medici stessi, razionali per antonomasia, dichiarano che seppur piccoli i rischi ci sono, i vantaggi sono sempre e comunque maggiori.

È questione di numeri e calcolo delle probabilità, i numeri non sbaglino mai.

Come tutti i farmaci anche i vaccini possono causare effetti indesiderati, ma questi, nella maggior parte dei casi sono lievi e transitori. Di solito consistono infatti in febbre e gonfiore nel punto di inoculazione.

Questi effetti possono essere facilmente trattati e prevenuti con farmaci antinfiammatori ed antifebbrili. Eventi avversi più seri si manifestano solo molto raramente: un caso ogni migliaia o milioni di dosi somministrate.

È possibile che ci siano effetti collaterali gravissimi ma nei bugiardini di quasi tutte le medicine in commercio ci sono degli effetti collaterali gravi, e finché uno non prende il farmaco non può sapere se toccherà a lui o no, e allora cosa facciamo noi adulti?

Non mi risulta che se stiamo male non prendiamo medicine per paura dei possibili effetti collaterali.

Ho visto mamme non fare i vaccini e poi somministrare nuovi farmaci seppur blandi, al neonato, senza preoccuparsi minimamente se potessero esserci degli eccipienti che avrebbero potuto creare qualche reazione allergica.

Io sinceramente non vedo proprio dove sta la differenza.

I vaccini sono creati dalle stesse case farmaceutiche delle medicine, c’è un complotto internazionale che vuole ucciderci i figli e far sopravvivere gli adulti, tipo piaga d’Egitto?
Non credo.

Tutti noi amiamo i nostri figli e non vorremmo che gli capitasse mai nulla.

Sapete qual è stato il motivo principale che mi ha fatto scegliere di fare il vaccino?

Non l’obbligatorietà e non le possibili sanzioni. È stato pensare alle centinaia di bambini, i cui genitori una scelta non ce l’hanno, perché i loro bambini sono gravemente malati e non sono in grado di sostenere loro stessi un vaccino che per loro sarebbe prezioso e pagherebbero per riceverlo.

Invece loro sono costretti a pregare che il bambino accanto a loro sia stato vaccinato così non c’è rischio di contagio per una malattia che a causa del loro precario sistema immunitario sarebbe letale.

Non sono generosa o altruista ma aldilà dell’affetto per il proprio bambino, ogni bambino è importante e se il destino sceglierà che mia figlia sarà a pagarne il prezzo me ne farò una ragione ma non posso sentirmi responsabile per un eventuale decesso perché mia figlia ha attaccato qualche malattia. Io se avessi una bimba malata vorrei che gli altri non fossero egoisti e la pensassero così, allora qualsiasi discussione no vax svanirebbe nel nulla.

Ci si focalizza sull’obbligatorietà ma in realtà, almeno per quanto mi riguarda, non è stata quella a spingermi verso la scelta di vaccinarla. Se uno crede ai vaccini, lo fa a prescindere dall’imposizione.

Il decreto vaccini ha reso obbligatorie per i minori di 16 anni dieci delle vaccinazioni e ne ha fortemente raccomandate quattro ad offerta attiva e gratuita. Ma nel PNPV 2017-2019 sono altresì indicate in offerta attiva e gratuita anche le vaccinazioni antipapilloma virus (HPV) negli undicenni e anti-meningococcica tetravalente ACWY nell’adolescenza, che ovviamente mantengono il loro importante ruolo all’interno di una cornice di offerta vaccinale che mira alla protezione della popolazione fino all’età avanzata, sia attraverso i richiami periodici sia mediante vaccinazioni raccomandate specificatamente per l’anziano.

Di seguito il calendario delle vaccinazioni mese per mese:

– 3 MESE

Obbligatori

– Vaccino esavalente 1ª dose (difterite, il tetano, la pertosse, la polio, l’epatite B e le infezioni da Haemophilus influenzae tipo b)

Facoltativi

– Vaccino pneumococcico coniugato (PCV): 1ª dose
– Vaccino contro il meningococco B (MenB): 1ª dose (a distanza di 15 giorni dalla somministrazione dell’esavalente e del vaccino pneumococcico coniugato)
– Vaccino contro il rotavirus (Rotavirus): 1ª dose

– 4 MESE

Facoltativi

– Vaccino contro il meningococco B (MenB): 2ª dose (a distanza di 1 mese dalla 1ª )
– Vaccino contro il rotavirus (Rotavirus): 2ª dose

– 5 MESE

Obbligatori

– Vaccino esavalente 2ª dose (difterite, il tetano, la pertosse , la polio, l’epatite B e le infezioni da Haemophilus influenzae tipo b)

Facoltativi

– Vaccino pneumococcico coniugato (PCV): 2ª dose

– 6 MESE

Facoltativi

– Vaccino contro il meningococco B (MenB): 3ª dose (a distanza di 1 mese dalla 2ª )

– 11 MESE

Obbligatori

– Vaccino esavalente 3ª dose (difterite, il tetano, la pertosse , la polio, l’epatite B e le infezioni da Haemophilus influenzae tipo b)

Facoltativi

– Vaccino pneumococcico coniugato (PCV): 3ª dose

– 13 | 15 MESE

Obbligatori

– Vaccino tetravalente MPRV (morbillo, la parotite, la rosolia, e la varicella) o trivalente MPR + V: 1ª dose

Facoltativi

– Vaccino contro il meningococco C coniugato (MenC)
– Vaccino contro il meningococco B (MenB): 4ª dose

– 13 | 15 MESE

Obbligatori

– Vaccino tetravalente MPRV (morbillo, la parotite, la rosolia, e la varicella) o trivalente MPR + V: 2ª dose

Facoltativi

– Vaccino esavalente 4ª dose (difterite, il tetano, la pertosse , la polio) eliminati epatite B e influenza

 

Dopo la vaccinazione il bambino può condurre una vita “normale”: mangiare, bere, fare il bagnetto, uscire.

Alcune domande che mi sono sorte e a cui documentandomi e con l’esperienza ho dato una risposta.

1. Ci sono controindicazioni nella somministrazione del vaccino?

La vaccinazione può essere controindicata temporaneamente o in maniera definitiva.

Si hanno controindicazioni temporanee quando si verificano delle situazioni transitorie che non permettono la vaccinazione solo per il periodo in cui sono presenti. Si deve quindi rimandare la vaccinazione quando:

  • il bambino ha malattie acute con febbre di grado elevato;
  • se il bambino sta prendendo farmaci che agiscono sul sistema immunitario come cortisonici ad alte dosi.

Si hanno controindicazioni definitive, è bene quindi non fare il vaccino, quando il bambino:

  • ha manifestato gravi reazioni a precedenti vaccinazioni;
  • è affetto da malattie neurologiche in evoluzione;
  • è allergico ad alcuni antibiotici quali streptomicina e neomicina (se l’antibiotico ne contiene)

Se il bambino è affetto da malattie quali leucemie, tumori, AIDS la situazione va valutata caso per caso.

Vi sono poi situazioni che non rappresentano vere e proprie controindicazioni ma richiedono alcune precauzioni.

Dovete segnalare quindi al pediatra se…

  • il bambino ha avuto febbre molto alta ad una precedente dose dello stesso vaccino;
  • se ha pianto molto ed era inconsolabile;
  • se il bambino ha avuto convulsioni febbrili;
  • se di recente gli sono state somministrate immunoglobuline;

2. Il bambino è contagioso?

Tanto per cominciare, bisogna distinguere tra ”vaccini inattivati e vaccini vivi attenuati”.

I primi non contengono agenti patogeni vivi, ma virus inattivati e sono costituiti solo da minime componenti di virus o batteri e non dai microrganismi nella loro interezza. I secondi, invece, proprio come dice il termine, sono costituiti da microrganismi ancora vivi, ma indeboliti.

Un vaccino inattivato – come l’esavalente – è per definizione incapace di trasmettere la malattia, perché di fatto non contiene l’agente responsabile.

In linea puramente teorica, il discorso potrebbe essere leggermente diverso per i vaccini che contengono virus vivi attenuati. Perché, appunto, in questo caso i microrganismi presenti sono vivi. Non dobbiamo però dimenticare che sono attenuati, cioè trattati in modo tale da non risultare infettivi, considerato che il loro obiettivo non è far ammalare chi li riceve, ma solo mettere in guardia il suo sistema immunitario, quindi anche il vaccino MPR è sicuro.
Il caso del vaccino contro la varicella è leggermente diverso. Chi riceve il vaccino può a sviluppare una forma molto lieve di malattia, con febbre e qualche vescicola. In questo caso il bimbo in questione è contagioso fino a che le vescicole saranno guarite. Ciò però accade molto raramente.

3. Il mio bambino è irrequieto. Che cosa devo fare?

Dopo la vaccinazione i bambini possono essere particolarmente irrequieti o piangere in modo inconsolabile, poiché possono sentire dolore nella sede di iniezione e/o avere la febbre. Si può somministrare un farmaco, il “paracetamolo” che aiuta a ridurre il dolore e la febbre. Se lo stato di irrequietezza persiste, nonostante il farmaco, per più di 24 ore consultate il pediatra di base.

4. La sede di iniezione è calda ed arrossata. Cosa devo fare?

Applicare un panno intriso di acqua fredda (ghiacciata), ben strizzato sulla zona dolente ed infiammata. Se ritenete che il bambino abbia molto dolore, poiché reagisce alla minima pressione, potete somministrare il paracetamolo secondo il peso del bambino. La zona di inoculazione non va mai massaggiata ma potrebbe essere utile spalmare Arnica gel.

Boiron Arnigel è un rimedio omeopatico in gel consigliato per attenuare i dolori di natura, viene utilizzato per calmare i gonfiori e i versamenti ematici, alle punture d’insetti. Buoni sono gli impieghi per il trattamento di disturbi osteo-articolari, leggere bruciature. Questa pianta difatti, oltre a ridurre il gonfiore, si presta come analgesico naturale. https://www.amazon.it/Arnica-35-6908-Boiron-Gel/dp/B00L7QNLAC/ref=sr_1_2?s=hpc&ie=UTF8&qid=1536323140&sr=8-2&keywords=arnica+gel+neonati
Se dopo 24 ore il rossore tende ancora ad aumentare chiamate il pediatra di fiducia o il vostro servizio vaccinale.

5. Penso che il bambino abbia la febbre. Che cosa devo fare?

Prima di tutto verificate se è vero, misurando la temperatura del bambino.

Se il bambino ha la febbre:

  • dategli da bere acqua in abbondanza;
  • vestitelo in modo leggero senza coprirlo eccessivamente
  • somministrate il paracetamolo

La febbre può comparire entro due giorni dall’effettuazione della maggior parte dei vaccini. Solo per i vaccini contro il morbillo-parotite-rosolia e varicella, la febbre ed eventualmente l’esantema (puntini rossi diffusi sul corpo) possono comparire dopo 7/26 giorni.

Se il bambino continua ad avere la febbre per oltre 24 ore, se la febbre aumenta o il bambino presenta sintomi insoliti, consultare il pediatra o il pronto soccorso.

Tosse e raffreddore, uno dei primi malanni dei neonati

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TOSSE e RAFFREDDORE

È un sintomo molto comune nell’età infantile, tanto da rappresentare, in molte casistiche, la causa più frequente di consultazione medica. Può essere acuta, quando ha esordio brusco e breve durata, oppure cronica, quando dura da più di tre settimane.

Normalmente la tosse compare quando un qualsiasi ostacolo impedisce la normale respirazione: dal muco che si forma lungo l’apparato respiratorio a qualche corpo estraneo che si introduce con l’aria inspirata (polveri, particelle di cibo, liquidi); la tosse ha comunque lo scopo di liberare le vie respiratorie e quindi proteggere i polmoni da infezioni o infiammazioni.

La maggior parte delle volte la tosse è causata da infezioni virali che colpiscono le vie respiratorie, determinando faringite, laringite, tracheite o bronchite. I bambini che frequentano le comunità (asili nido e scuole materne) ne sono maggiormente colpiti, mentre è un sintomo insolito nel neonato; pertanto occorre contattare il pediatra, onde scongiurare il pericolo di una pertosse o bronchiolite.

In caso di raffreddore i neonati con meno di un anno d’età se hanno il naso chiuso non riescono a succhiare e a mangiare bene, quindi risulta fondamentale pulirlo sia per facilitare la loro alimentazione sia per permettere un sonno notturno tranquillo.

Va precisato che circa il 70-80% delle infezioni respiratorie nei bambini sono di natura virale e questo significa che non esiste una terapia mirata al virus (come avviene invece nel caso dei batteri che vengono uccisi con un antibiotico), bensì terapie utili ad alleviare i sintomi respiratori che le accompagnano.

Occorre contattare il pediatra se:

  • il vostro bambino ha meno di un mese, e tossisce insistentemente
  • il respiro è difficoltoso, con produzione di sibili, anche dopo aver pulito il naso
  • la respirazione è frequente e il bambino sembra fare fatica e l’addome si svuota completamente ad espirazione, anche nei momenti di assenza di tosse
  • ha perso i sensi durante gli eccessi di tosse
  • le labbra diventano bluastre (cianosi) durante la tosse
  • c’è del sangue nel muco del bambino
  • c’è il sospetto di inalazione di corpi estranei (piccole parti di giochi, bocconi di cibo): in questo caso la tosse, di solito, compare improvvisamente dopo un momento in cui sembra che il piccolo stia soffocando
  • il bambino è o sembra molto sofferente
  • è presente febbre da più di 3 giorni
  • la tosse dura da più di 2 settimane
  • il bambino ha da 1- 3 mesi di vita e ha tosse insistente già da 2-3 giorni
  • sospettate un’allergia (per esempio ai pollini)
  • la tosse disturba il sonno del piccolo
  • si associa a vomito

Negli altri casi sarà sufficiente idratare il bambino somministrando liquidi per bocca e pulire accuratamente il naso, come nel su come si puliscono occhi orecchie e naso con soluzione isotonica, praticando a seguire un aerosol con soluzione ipertonica, prima di ogni pasto.

Evitate il fumo passivo: il fumo ha un effetto irritante sulla mucosa respiratoria e stimola la tosse, e mantenete il giusto grado di umidità nell’ambiente.

Usate gocce o sciroppi calmanti della tosse solo sotto consiglio del pediatra curante
Qui trovi tutta la guida, compila il form qui sotto.

Coliche del Neonato, tutto quello che devi sapere

Vorrei esordire dicendo che le coliche non sono la risposta a tutti i pianti dei bambini sotto i 3 mesi.

COLICHE

Spesso mi è capitato di sentire dire che erano coliche quando in realtà magari era solo il latte poco sostanzioso delle ore serali che portava ad avere più fame o reflusso o altri fattori come il caldo. Insomma prima di dire che sono coliche osservate bene il neonato e chiedete un parere medico, spiegando i sintomi e non facendovi la diagnosi. Questo lo dico solo perché rischiate di curare il vostro piccolo per qualcosa che non ha e finireste per non soddisfare i suoi reali bisogni.

È un evento molto frequente che generalmente colpisce i lattanti sotto i tre mesi di vita.

Le cause, sono ancora in parte sconosciute. Sono chiamati in causa fattori ambientali, come l’ansia dei genitori; fattori legati all’alimentazione, come l’uso di cibi ricchi di carboidrati; possibili allergie o intolleranze al latte o ad altri cibi assunti dalla mamma; l’eccessiva deglutizione d’aria, legata alla fame e alla non perfetta coordinazione della suzione.

Per riconoscere una colica esiste una regola precisa e sintomi ben riconoscibili.

Per distinguere le coliche dagli altri episodi di pianto, si applica comunemente la regola del tre.

In base a questa regola, formulata da Wessel nel 1954, sarebbe affetto da coliche un lattante soggetto a episodi di irritabilità con agitazione o pianto della durata di più di tre ore al giorno, con una frequenza pari ad almeno tre giorni alla settimana e da almeno tre settimane consecutive.

Un attacco di coliche gassose è caratterizzato da un esordio improvviso, generalmente nelle ore pomeridiane o serali, di pianto intenso, acuto e difficilmente consolabile. Le crisi di pianto sono accompagnate da agitazione, arrossamento del volto e smorfie, flessione delle gambine verso l’addome, possibile emissione di gas e probabile ricerca del seno materno come tentativo di consolazione.

Poiché le cause possibili sono diverse e a volte contemporanee anche i trattamenti saranno differenti. È comune l’osservazione che l’emissione di feci e gas produca temporaneo sollievo al lattante. Di conseguenza cullare il piccolo tenendolo in posizione prona sull’avambraccio così come praticargli dei massaggi circolari in senso orario (senso del transito intestinale) attorno all’ombelico, sono accorgimenti che possono apportare un beneficio immediato, anche se temporaneo, favorendo l’emissione d’aria durante le pause della poppata può essere d’aiuto. Offrire al piccolo un ambiente familiare emotivamente stabile, senza eccessi d’ansia può rendere le coliche meno frequenti e durature. Ricordate che anche un’alimentazione eccessiva o troppo scarsa può favorire l’insorgenza di coliche.

In generale in caso di coliche è consigliabile bere molto ed evitare di mangiare in grandi quantità  i seguenti alimenti: alcolici in genere (vino, birra, liquori), the, caffè, bevande gasate, frutta secca, verdure aromatiche (cavolfiore, rape, carciofi, asparagi), Spezie (rigano, peperoncino, prezzemolo, ecc), Aglio, Formaggi fermentati (gorgonzola, mascarpone, ecc), Cibi speziati e carne in scatola, Cioccolata, Legumi(ad eccezione delle lenticchie), Frutti di mare e crostacei

Io posso affermare di aver salvato molte mamme in difficoltà con questo consiglio quindi tenetelo bene a mente:

REUTERIN o REUFLOR: Non è un medicinale, possono utilizzarlo tutti poiché è solo un particolare ceppo di fermenti lattici. Potete tranquillamente chiedere al vostro pediatra. Fino a oggi non sono stati identificati dei trattamenti davvero efficaci per calmare le crisi, ma ora lo studio del Murdoch Children’s Research Institute apre nuovi scenari. I ricercatori, infatti, hanno scoperto che il probiotico Lactobacillus reuteri nei neonati con meno di tre mesi riesce a ridurre le crisi di pianto.

Io l’ho utilizzato tutti i giorni per i primi 3 mesi, i bambini nati con cesareo hanno la flora intestinale più debole, per questo inizialmente il pediatra me lo aveva consigliato, dopodiché mi sono resa conto che quando ho cominciato a sospenderlo la mia piccola si lamentava per le coliche allora ho ripreso e non ha mai più sofferto tranne i giorni in cui lo finivo. Ha un costo alquanto elevato, io ovviavo comprandolo su Amazon qui, ma tornassi indietro non avrei alcun dubbio, è stato il mio salvavita.

Nel caso in cui le coliche fossero molto frequenti e disturbanti, il vostro pediatra potrebbe consigliarvi un preparato, sia esso naturale o farmacologico. A volte anche l’utilizzo di sondini rettali può favorire l’emissione di feci e gas e comportare beneficio. Tuttavia, solo su indicazione del pediatra curante si potrà somministrare medicine o modificare la dieta.

Cosa fare quando un neonato ha la febbre

Una corretta informazione riveste un’importanza fondamentale per tutelare la salute dei cittadini in generale e dei bambini in particolare. Da questa consapevolezza è nato l’impegno del Ministero della Salute per realizzare la guida “Quando nasce un bambino” che troverete in formato pdf su internet e dal quale sono tratte la maggior parte di queste informazioni.

Di seguito trovate una serie di informazioni su cosa fare quando il vostro bambino o bambina ha la febbre.

Fatemi sapere se vi è stato utile scrivendomi direttamente a valeria@laprimanina.it

FEBBRE

E’ utile sapere che solitamente un bimbo in salute, durante i primi mesi non si dovrebbe ammalare poiché ha ancora in corpo le difese immunitarie della madre. Nei primi mesi è quindi raro che il lattante presenti febbre, se non post vaccinale o da disidratazione quando vi è caldo eccessivo, mentre è comune intorno all’anno di vita.

Nel caso ci fosse un evento febbrile ci sono cose da sapere e da fare:

  • Contattare il personale competente

Se il bambino ha meno di 28 giorni di vita, le Linee Guida raccomandano che il neonato febbrile venga portato subito in ospedale, per l’elevato rischio di patologia, se invece si tratta di lattante, cioè bambino dalle 4 settimane compiute fino al compimento dei 3 mesi di vita, è opportuno consultare il pediatra con sollecitudine.

Se invece ha più di 3 mesi, ricordate che il livello della temperatura (cioè una febbre più o meno alta) non è sufficiente da solo a far capire se la malattia è lieve o grave. È importante sapere che bisogna guardare il bambino più che il termometro per decidere quando è il caso di preoccuparsi e consultare il pediatra con sollecitudine, o quando invece è possibile rimanere tranquilli, almeno per un po’, ad aspettare l’evoluzione spontanea della malattia (che nella maggior parte dei casi va verso la guarigione spontanea in 2-4 giorni).

In ogni caso è bene rivolgersi rapidamente al pediatra se il lattante ha la febbre molto alta (39 – 40°C) e/o nonostante la somministrazione del farmaco questa non si abbassasse, oppure nel caso il bambino vi sembri sofferente, se fossero presenti disturbi concomitanti, nel caso piangesse in maniera inconsolabile, rifiutasse completamente il cibo o assumesse un comportamento inusuale.

  • Misurare correttamente la temperatura

Vi sono diversi strumenti per la misurazione, ma quelli consigliati sono: il termometro pediatrico a mercurio o quello digitale. Personalmente avevo acquistato quello digitale della Braun che si posiziona sulla fronte ma non mi fidavo mai e alla fine utilizzo sempre quello pediatrico digitale rettale che potrete trovare qui.

Nel bambino molto piccolo è consigliabile misurare la temperatura per via rettale; infatti questa misurazione è attendibile, precisa e abbastanza veloce. Per la misurazione è preferibile lubrificare il bulbo del termometro con della vaselina o dell’olio e, dopo avere sdraiato il bambino sul fianco o a pancia in giù, introdurre il termometro per circa 2 cm, accostare i glutei e tenere fermo il bambino per tutto il tempo necessario all’operazione. Trascorso il tempo necessario si leggerà sul termometro il valore della temperatura misurata. Per rapportarlo alla temperatura ascellare bisognerà sottrarre 5 lineette (mezzo grado).

Cioè un valore di 38°C di temperatura rettale corrisponderà a circa 37,5°C ascellare. Può essere considerato febbrile un valore al di sopra di 37.5°C. Evitate di misurare la temperatura alla sera, perché in genere è più alta di un grado; vicino ai pasti o dopo avere bevuto liquidi molto caldi o freddi (lasciare trascorrere almeno mezz’ora); inoltre non misurare la temperatura appena il bambino si è svegliato ed è ancora coperto.

  • La temperatura febbrile non è direttamente proporzionale all’entità dell’infezione

L’aumento della temperatura corporea avviene per l’attivazione delle difese naturali ed è esso stesso uno dei meccanismi attraverso il quale l’organismo del bambino reagisce quando viene aggredito dall’esterno da un virus o da un batterio, che prediligono una temperatura più bassa. La febbre può essere provocata sia da malattie poco gravi (la maggior parte delle volte), sia da malattie più impegnative (molto più raramente). Una febbre molto alta, per fortuna, non vuol dire per forza che ci troviamo in presenza di una malattia molto grave.

  • Impiegare l’antipiretico in funzione del malessere del bambino

La febbre, ha lo scopo di creare condizioni sfavorevoli alla vita di virus e batteri, se non causa toppi disagi non è opportuno contrastarla nel corso di una malattia infettiva, soprattutto quando non supera i 38 °C, quindi l’usi antipiretici è consigliato con temperature superiori ai 38/38.5°C ascellari, ovvero ai 38.5/39°C rettali o auricolari. Il farmaco abbassa la febbre dopo circa 1 ora, e la sua efficacia persiste di solito per 4-5 ore.

  • Come abbassare la febbre.

Paracetamolo e ibuprofene sono gli unici farmaci antipiretici da utilizzare. Per favorire la naturale evoluzione della febbre, prima di tutto è importante non coprire eccessivamente il bimbo per consentire al corpo di disperdere il calore, perciò ad una temperatura ambientale di 19- 21°C lasciamo pure il piccolo con una leggera tutina di cotone, oppure semplicemente con il body se la febbre è sopra i 39°C. Da evitare i sistemi fisici come spugnature e ghiaccio, perché potrebbero essere dannosi.

  • Dosare sempre l’antipiretico in funzione del peso del bambino.

Le Linee Guida raccomandano di somministrare l’antipiretico in gocce o sciroppo, in quanto l’assorbimento è più costante ed è possibile maggiore precisione nel dosaggio, che deve essere sempre calcolato in base al peso corporeo e non in base all’età del bambino. Le supposte vanno utilizzate solo se, oltre alla febbre, è presente vomito o altre condizioni che impediscano l’impiego di farmaci per via orale sia perché sono sgradevoli per il bambino sia perché possono causare effetti collaterali, dal momento che si tende al sovradosaggio.

  • La febbre in condizioni normali non fa venire le convulsioni

La febbre è un reazione positiva dell’organismo è dunque l’effetto di un evento e non è casa di complicazioni in se per se.

  • Assecondate le su esigenze

Fate bere il bambino un po’ più del solito o attaccatelo al seno più frequentemente. Non forzatelo a mangiare se non vuole. Non costringetelo a letto se non vuole. Se è necessario, potete fare uscire il vostro bambino: per esempio per trasportarlo a casa di altri familiari (per permettervi di andare al lavoro o svolgere altre incombenze) oppure per portarlo alla visita pediatrica o al laboratorio a eseguire delle analisi. Fare uscire il bambino non comporta alcun rischio per la sua salute, le condizioni atmosferiche non influenzano l’andamento delle malattie.

I primi malanni che dovrai affrontare e come non preoccuparti

Una corretta informazione riveste un’importanza fondamentale per tutelare la salute dei cittadini in generale e dei bambini in particolare. Da questa consapevolezza è nato l’impegno del Ministero della Salute per realizzare la guida “Quando nasce un bambino” che troverete in formato pdf su internet e dal quale sono tratte la maggior parte di queste informazioni.

Prima di continuare, se vuoi scaricare tutta, ma proprio tutta la guida, compila il form qui sotto.

FEBBRE

E’ utile sapere che solitamente un bimbo in salute, durante i primi mesi non si dovrebbe ammalare poiché ha ancora in corpo le difese immunitarie della madre. Nei primi mesi è quindi raro che il lattante presenti febbre, se non post vaccinale o da disidratazione quando vi è caldo eccessivo, mentre è comune intorno all’anno di vita.

Nel caso ci fosse un evento febbrile ci sono cose da sapere e da fare:

  • Contattare il personale competente

Se il bambino ha meno di 28 giorni di vita, le Linee Guida raccomandano che il neonato febbrile venga portato subito in ospedale, per l’elevato rischio di patologia, se invece si tratta di lattante, cioè bambino dalle 4 settimane compiute fino al compimento dei 3 mesi di vita, è opportuno consultare il pediatra con sollecitudine.

Se invece ha più di 3 mesi, ricordate che il livello della temperatura (cioè una febbre più o meno alta) non è sufficiente da solo a far capire se la malattia è lieve o grave. È importante sapere che bisogna guardare il bambino più che il termometro per decidere quando è il caso di preoccuparsi e consultare il pediatra con sollecitudine, o quando invece è possibile rimanere tranquilli, almeno per un po’, ad aspettare l’evoluzione spontanea della malattia (che nella maggior parte dei casi va verso la guarigione spontanea in 2-4 giorni).

In ogni caso è bene rivolgersi rapidamente al pediatra se il lattante ha la febbre molto alta (39 – 40°C) e/o nonostante la somministrazione del farmaco questa non si abbassasse, oppure nel caso il bambino vi sembri sofferente, se fossero presenti disturbi concomitanti, nel caso piangesse in maniera inconsolabile, rifiutasse completamente il cibo o assumesse un comportamento inusuale.

  • Misurare correttamente la temperatura

Vi sono diversi strumenti per la misurazione, ma quelli consigliati sono: il termometro pediatrico a mercurio o quello digitale. Personalmente avevo acquistato quello digitale della Braun che si posiziona sulla fronte ma non mi fidavo mai e alla fine utilizzo sempre quello pediatrico digitale rettale che potrete trovare qui.

Nel bambino molto piccolo è consigliabile misurare la temperatura per via rettale; infatti questa misurazione è attendibile, precisa e abbastanza veloce. Per la misurazione è preferibile lubrificare il bulbo del termometro con della vaselina o dell’olio e, dopo avere sdraiato il bambino sul fianco o a pancia in giù, introdurre il termometro per circa 2 cm, accostare i glutei e tenere fermo il bambino per tutto il tempo necessario all’operazione. Trascorso il tempo necessario si leggerà sul termometro il valore della temperatura misurata. Per rapportarlo alla temperatura ascellare bisognerà sottrarre 5 lineette (mezzo grado).

Cioè un valore di 38°C di temperatura rettale corrisponderà a circa 37,5°C ascellare. Può essere considerato febbrile un valore al di sopra di 37.5°C. Evitate di misurare la temperatura alla sera, perché in genere è più alta di un grado; vicino ai pasti o dopo avere bevuto liquidi molto caldi o freddi (lasciare trascorrere almeno mezz’ora); inoltre non misurare la temperatura appena il bambino si è svegliato ed è ancora coperto.

  • La temperatura febbrile non è direttamente proporzionale all’entità dell’infezione

L’aumento della temperatura corporea avviene per l’attivazione delle difese naturali ed è esso stesso uno dei meccanismi attraverso il quale l’organismo del bambino reagisce quando viene aggredito dall’esterno da un virus o da un batterio, che prediligono una temperatura più bassa. La febbre può essere provocata sia da malattie poco gravi (la maggior parte delle volte), sia da malattie più impegnative (molto più raramente). Una febbre molto alta, per fortuna, non vuol dire per forza che ci troviamo in presenza di una malattia molto grave.

  • Impiegare l’antipiretico in funzione del malessere del bambino

La febbre, ha lo scopo di creare condizioni sfavorevoli alla vita di virus e batteri, se non causa toppi disagi non è opportuno contrastarla nel corso di una malattia infettiva, soprattutto quando non supera i 38 °C, quindi l’usi antipiretici è consigliato con temperature superiori ai 38/38.5°C ascellari, ovvero ai 38.5/39°C rettali o auricolari. Il farmaco abbassa la febbre dopo circa 1 ora, e la sua efficacia persiste di solito per 4-5 ore.

  • Come abbassare la febbre.

Paracetamolo e ibuprofene sono gli unici farmaci antipiretici da utilizzare. Per favorire la naturale evoluzione della febbre, prima di tutto è importante non coprire eccessivamente il bimbo per consentire al corpo di disperdere il calore, perciò ad una temperatura ambientale di 19- 21°C lasciamo pure il piccolo con una leggera tutina di cotone, oppure semplicemente con il body se la febbre è sopra i 39°C. Da evitare i sistemi fisici come spugnature e ghiaccio, perché potrebbero essere dannosi.

  • Dosare sempre l’antipiretico in funzione del peso del bambino.

Le Linee Guida raccomandano di somministrare l’antipiretico in gocce o sciroppo, in quanto l’assorbimento è più costante ed è possibile maggiore precisione nel dosaggio, che deve essere sempre calcolato in base al peso corporeo e non in base all’età del bambino. Le supposte vanno utilizzate solo se, oltre alla febbre, è presente vomito o altre condizioni che impediscano l’impiego di farmaci per via orale sia perché sono sgradevoli per il bambino sia perché possono causare effetti collaterali, dal momento che si tende al sovradosaggio.

  • La febbre in condizioni normali non fa venire le convulsioni

La febbre è un reazione positiva dell’organismo è dunque l’effetto di un evento e non è casa di complicazioni in se per se.

  • Assecondate le su esigenze

Fate bere il bambino un po’ più del solito o attaccatelo al seno più frequentemente. Non forzatelo a mangiare se non vuole. Non costringetelo a letto se non vuole. Se è necessario, potete fare uscire il vostro bambino: per esempio per trasportarlo a casa di altri familiari (per permettervi di andare al lavoro o svolgere altre incombenze) oppure per portarlo alla visita pediatrica o al laboratorio a eseguire delle analisi. Fare uscire il bambino non comporta alcun rischio per la sua salute, le condizioni atmosferiche non influenzano l’andamento delle malattie.

 

COLICHE

Vorrei esordire dicendo che le coliche non sono la risposta a tutti i pianti dei bambini sotto i 3 mesi.

Spesso mi è capitato di sentire dire che erano coliche quando in realtà magari era solo il latte poco sostanzioso delle ore serali che portava ad avere più fame o reflusso o altri fattori come il caldo. Insomma prima di dire che sono coliche osservate bene il neonato e chiedete un parere medico, spiegando i sintomi e non facendovi la diagnosi. Questo lo dico solo perché rischiate di curare il vostro piccolo per qualcosa che non ha e finireste per non soddisfare i suoi reali bisogni.

È un evento molto frequente che generalmente colpisce i lattanti sotto i tre mesi di vita.

Le cause, sono ancora in parte sconosciute. Sono chiamati in causa fattori ambientali, come l’ansia dei genitori; fattori legati all’alimentazione, come l’uso di cibi ricchi di carboidrati; possibili allergie o intolleranze al latte o ad altri cibi assunti dalla mamma; l’eccessiva deglutizione d’aria, legata alla fame e alla non perfetta coordinazione della suzione.

Per riconoscere una colica esiste una regola precisa e sintomi ben riconoscibili.

Qui trovi tutta la guida, compila il form qui sotto.

Per distinguere le coliche dagli altri episodi di pianto, si applica comunemente la regola del tre.

In base a questa regola, formulata da Wessel nel 1954, sarebbe affetto da coliche un lattante soggetto a episodi di irritabilità con agitazione o pianto della durata di più di tre ore al giorno, con una frequenza pari ad almeno tre giorni alla settimana e da almeno tre settimane consecutive.

Un attacco di coliche gassose è caratterizzato da un esordio improvviso, generalmente nelle ore pomeridiane o serali, di pianto intenso, acuto e difficilmente consolabile. Le crisi di pianto sono accompagnate da agitazione, arrossamento del volto e smorfie, flessione delle gambine verso l’addome, possibile emissione di gas e probabile ricerca del seno materno come tentativo di consolazione.

Poiché le cause possibili sono diverse e a volte contemporanee anche i trattamenti saranno differenti. È comune l’osservazione che l’emissione di feci e gas produca temporaneo sollievo al lattante. Di conseguenza cullare il piccolo tenendolo in posizione prona sull’avambraccio così come praticargli dei massaggi circolari in senso orario (senso del transito intestinale) attorno all’ombelico, sono accorgimenti che possono apportare un beneficio immediato, anche se temporaneo, favorendo l’emissione d’aria durante le pause della poppata può essere d’aiuto. Offrire al piccolo un ambiente familiare emotivamente stabile, senza eccessi d’ansia può rendere le coliche meno frequenti e durature. Ricordate che anche un’alimentazione eccessiva o troppo scarsa può favorire l’insorgenza di coliche.

In generale in caso di coliche è consigliabile bere molto ed evitare di mangiare in grandi quantità  i seguenti alimenti: alcolici in genere (vino, birra, liquori), the, caffè, bevande gasate, frutta secca, verdure aromatiche (cavolfiore, rape, carciofi, asparagi), Spezie (rigano, peperoncino, prezzemolo, ecc), Aglio, Formaggi fermentati (gorgonzola, mascarpone, ecc), Cibi speziati e carne in scatola, Cioccolata, Legumi(ad eccezione delle lenticchie), Frutti di mare e crostacei

Io posso affermare di aver salvato molte mamme in difficoltà con questo consiglio quindi tenetelo bene a mente:

REUTERIN o REUFLOR: Non è un medicinale, possono utilizzarlo tutti poiché è solo un particolare ceppo di fermenti lattici. Potete tranquillamente chiedere al vostro pediatra. Fino a oggi non sono stati identificati dei trattamenti davvero efficaci per calmare le crisi, ma ora lo studio del Murdoch Children’s Research Institute apre nuovi scenari. I ricercatori, infatti, hanno scoperto che il probiotico Lactobacillus reuteri nei neonati con meno di tre mesi riesce a ridurre le crisi di pianto.

Io l’ho utilizzato tutti i giorni per i primi 3 mesi, i bambini nati con cesareo hanno la flora intestinale più debole, per questo inizialmente il pediatra me lo aveva consigliato, dopodiché mi sono resa conto che quando ho cominciato a sospenderlo la mia piccola si lamentava per le coliche allora ho ripreso e non ha mai più sofferto tranne i giorni in cui lo finivo. Ha un costo alquanto elevato, io ovviavo comprandolo su Amazon qui, ma tornassi indietro non avrei alcun dubbio, è stato il mio salvavita.

Nel caso in cui le coliche fossero molto frequenti e disturbanti, il vostro pediatra potrebbe consigliarvi un preparato, sia esso naturale o farmacologico. A volte anche l’utilizzo di sondini rettali può favorire l’emissione di feci e gas e comportare beneficio. Tuttavia, solo su indicazione del pediatra curante si potrà somministrare medicine o modificare la dieta.

 

TOSSE e RAFFREDDORE

È un sintomo molto comune nell’età infantile, tanto da rappresentare, in molte casistiche, la causa più frequente di consultazione medica. Può essere acuta, quando ha esordio brusco e breve durata, oppure cronica, quando dura da più di tre settimane.

Normalmente la tosse compare quando un qualsiasi ostacolo impedisce la normale respirazione: dal muco che si forma lungo l’apparato respiratorio a qualche corpo estraneo che si introduce con l’aria inspirata (polveri, particelle di cibo, liquidi); la tosse ha comunque lo scopo di liberare le vie respiratorie e quindi proteggere i polmoni da infezioni o infiammazioni.

La maggior parte delle volte la tosse è causata da infezioni virali che colpiscono le vie respiratorie, determinando faringite, laringite, tracheite o bronchite. I bambini che frequentano le comunità (asili nido e scuole materne) ne sono maggiormente colpiti, mentre è un sintomo insolito nel neonato; pertanto occorre contattare il pediatra, onde scongiurare il pericolo di una pertosse o bronchiolite.

In caso di raffreddore i neonati con meno di un anno d’età se hanno il naso chiuso non riescono a succhiare e a mangiare bene, quindi risulta fondamentale pulirlo sia per facilitare la loro alimentazione sia per permettere un sonno notturno tranquillo.

Va precisato che circa il 70-80% delle infezioni respiratorie nei bambini sono di natura virale e questo significa che non esiste una terapia mirata al virus (come avviene invece nel caso dei batteri che vengono uccisi con un antibiotico), bensì terapie utili ad alleviare i sintomi respiratori che le accompagnano.

Occorre contattare il pediatra se:

  • il vostro bambino ha meno di un mese, e tossisce insistentemente
  • il respiro è difficoltoso, con produzione di sibili, anche dopo aver pulito il naso
  • la respirazione è frequente e il bambino sembra fare fatica e l’addome si svuota completamente ad espirazione, anche nei momenti di assenza di tosse
  • ha perso i sensi durante gli eccessi di tosse
  • le labbra diventano bluastre (cianosi) durante la tosse
  • c’è del sangue nel muco del bambino
  • c’è il sospetto di inalazione di corpi estranei (piccole parti di giochi, bocconi di cibo): in questo caso la tosse, di solito, compare improvvisamente dopo un momento in cui sembra che il piccolo stia soffocando
  • il bambino è o sembra molto sofferente
  • è presente febbre da più di 3 giorni
  • la tosse dura da più di 2 settimane
  • il bambino ha da 1- 3 mesi di vita e ha tosse insistente già da 2-3 giorni
  • sospettate un’allergia (per esempio ai pollini)
  • la tosse disturba il sonno del piccolo
  • si associa a vomito

Negli altri casi sarà sufficiente idratare il bambino somministrando liquidi per bocca e pulire accuratamente il naso, come nel su come si puliscono occhi orecchie e naso con soluzione isotonica, praticando a seguire un aerosol con soluzione ipertonica, prima di ogni pasto.

Evitate il fumo passivo: il fumo ha un effetto irritante sulla mucosa respiratoria e stimola la tosse, e mantenete il giusto grado di umidità nell’ambiente.

Usate gocce o sciroppi calmanti della tosse solo sotto consiglio del pediatra curante

DIARREA E STIPSI

L’aspetto delle feci va esaminato secondo le loro molteplici proprietà: la consistenza, il volume, la composizione, il colore, l’odore, la forma, la quantità, la frequenza di evacuazione.

Il numero di evacuazioni al giorno è molto variabile, si può considerare normale sia la scarica dopo ogni pasto, specialmente con il latte materno, sia una scarica ogni 2-3 giorni (LA).

Se il neonato prende il latte materno, le sue feci avranno un colore giallo (ocra o becco d’oca) e una consistenza cremosa o tendente al liquido. L’odore non è cattivo e tendenzialmente acidulo. A volte possono essere presenti dei granuli biancastri di caseina. In caso di allattamento con latte in formula la colorazione potrebbe essere invece verdastra anziché gialla. E’ necessario invece avvisare il pediatra in caso di feci di colore rosso (potrebbe essere indicativo della presenza di sangue fresco) di colore nero (potrebbe essere indicativo della presenza di sangue digerito) o di colore molto chiaro o addirittura bianco (potrebbe essere indicativo di ostruzione biliare).

La diarrea è la frequente emissione di feci non formate o liquide: entrambe le caratteristiche, numero delle scariche e consistenza delle feci, devono coesistere per parlare di evento diarroico.

Nel neonato allattato artificialmente, si parla di diarrea quando nella giornata è presente un numero di scariche superiore a 4 – 6, con feci poco formate o liquide. E’ inoltre da valutare se il piccolo si scarica in modo differente dal solito, elemento fondamentale, specialmente nel caso di allattamento al seno, con scariche abitualmente molto frequenti.

Qualunque sia il motivo a determinare la diarrea, l’aspetto che più preoccupa è l’insorgenza di disidratazione. La cosa più importante in questi casi, è valutare se c’è perdita di peso. Occorre, perciò, pesare giornalmente il bambino affetto da diarrea e vomito e bisogna consultare il proprio pediatra in caso di calo di peso. La presenza di bocca secca e la produzione di poca pipì nella giornata possono associarsi a disidratazione e vanno considerati come segnali d’allarme. In questo caso il pediatra potrà optare per reidratarlo con una soluzione glucosalina (ne esistono diverse in commercio) per ripristinare le perdite di sali minerali dovute alla diarrea da associare alla normale reidratazione mediante acqua. E’ raro invece che il pediatra decida di ricorrere ad antidiarroici che possono creare più danni che benefici.

La stitichezza è definita tale quando il bambino evacua ogni 3-4 giorni feci dure e secche, tipo palline, con intenso sforzo, provando evidente fastidio, a volte, anche dolore, durante la defecazione.

In tal caso è consigliabile il terzo giorno stimolare il bambino per aiutarlo a liberarsi. Il permanere delle feci nell’intestino più giorni può creare complicanze e l’emissione risulterebbe ulteriormente più complessa aumentando la disidratazione delle stesse.

Con il primo latte artificiale che adoperavo ho avuto un po di questi problemi. Inizialmente ho utilizzato un sondino anale per aiutarla ma non volevo creare dipendenze o rischiare di irritare più del dovuto allora seguendo il consiglio del mi pediatra ho acquistato il MELILAX PEDIATRIC e mi sono trovata benissimo, esiste anche la versione per adulti e nel caso in futuro dovessi aver bisogno sicuramente opterei per questo piuttosto che le perette di glicerina che fanno venire mal di pancia e lasciano strascichi per i giorni successivi a causa dell’irritazione alla mucosa che creano. L’equilibrio dell’intestino è fondamentale per la salute di tutto l’organismo. É importante poter liberare l’intestino con un prodotto che rispetti la fisiologia dell’organismo. Questo microclisma è a base di miele, con un’azione evacuante, induce uno stimolo non aggressivo di attivazione della defecazione, a cui si aggiunge un’importante azione protettiva sulla mucosa rettale. Utilizzato diverse volte con la relativa ansia del caso…in realtà posso definirla un esperienza positiva…la bimba non ha patito per nulla, anzi dopo essersi liberata era felice. Dopo averla coricata di lato e mantenuta accovacciata dalle forti braccia di mio marito, e dopo averlo lubrificato con lo stesso liquido interno al microclisma, ho introdotto pochissimo il beccuccio circa 0.5 cm per paura di farle del male, ogni volta ho praticamente fatto in tempo a chiuderle il pannolino che le avevo messo precedentemente sotto che il risultato è stato istantaneamente ottenuto Ottimo davvero!

VOMITO

Diarrea e vomito dipendono quasi sempre da infezioni sostenute da microbi (virus, batteri, parassiti), che arrivano nell’organismo attraverso la bocca. Qualunque sia il motivo a determinare il vomito, l’aspetto che più preoccupa è l’insorgenza di disidratazione.

La cosa più importante in questi casi, è valutare se c’è perdita di peso. Occorre, perciò, pesare giornalmente il bambino affetto da diarrea e vomito e bisogna consultare il proprio pediatra in caso di calo di peso. La presenza di bocca secca e la produzione di poca pipì nella giornata possono associarsi a disidratazione e vanno considerati come segnali d’allarme. In questo caso il pediatra potrà optare per re-idratarlo con una soluzione glucosalina (ne esistono diverse in commercio) per ripristinare le perdite di sali minerali. Se c’è vomito le bevande devono essere somministrate a temperatura ambiente o meglio fresche e a piccoli sorsi.

Contattare subito il pediatra se:

  • è presente vomito ripetuto che impedisce al bambino di bere
  • Ha meno di 3 mesi
  • il bambino appare disidratato (ha perso peso, urina poco o nulla, ha la bocca asciutta, è prostrato)
  • continua ad avere scariche liquide, dolori alla pancia e non riesce a prendere né cibo, né medicine

Diverso è il vomito occasionale che può presentarsi in caso il piccolo mangi troppo.

RIGURGITO E REFLUSSO

Il reflusso gastroesofageo, accompagnato o meno da rigurgiti, è un fenomeno del tutto fisiologico nei lattanti, e spesso non richiede alcun trattamento. Nel mio caso è stato il tallone di achille della mia piccola nel secondo e terzo mese.

Il reflusso gastroesofageo è il passaggio del contenuto gastrico nell’esofago; il rigurgito è lo stesso fenomeno, la differenza è che il reflusso non si vede, mentre si parla di rigurgito se con il reflusso un po’ del contenuto gastrico esce anche dalla bocca.

Spesso la colpa, se così di può dire, è l’immaturità del cardias, la valvola interposta tra esofago e stomaco che regola per l’appunto la comunicazione tra i due organi, aprendosi in maniera coordinata con la deglutizione e impedendo normalmente, con la sua chiusura, la possibile risalita di materiale acido. Man mano che il bambino cresce, comincia ad assumere cibi solidi e sta sempre più spesso in posizione eretta o seduta, il fenomeno diventa sempre meno evidente ed i rigurgiti scompaiono da sé.

Il reflusso, è riconoscibile attraverso comportamenti come pianto feroce subito dopo il pasto, ruminazione, inarcamento del busto e del collo all’indietro, tensione delle gambe, spesso non vuole essere posizionato a panca in su…non vi dico che nottatacce trascorse con lei a pelle di leopardo su di me perché in culla non voleva stare, a volte anche su di me si addormentava ma si svegliava urlante….povera.

In questi casi i consigli sono tenerlo una 20 di minuti in posizione eretta, almeno fino a quando non fa il ruttino prima di coricarlo, una posizione fantastica a riguardo è quella con il bambino di schiena sulla pancia della mamma. La mamma deve essere in piedi con una mano a fare da seggiolino al piccolo e l’altre sotto le ascelle, così facendo il piccolo è ben disteso in verticale e i liquidi scendono prima; un altro accorgimento può essere quello di fare di tanto in tanto una pausa durante la poppata.

La patologia da reflusso gastroesofageo , viene affrontata in relazione alla sua entità: di solito se non vi è perdita di peso non viene considerata neanche una patologia. Il sollevamento della testa del bimbo durante il riposo è il primo approccio; il Pediatra poi può valutare, in caso di bambini non allattati al seno, l’opportunità di utilizzare una formula “anti reflusso” caratterizzata da una maggiore viscosità (si tratta infatti di un latte ispessito in genere con farina di carruba) o, nei casi più importanti, considerare un’eventuale cura farmacologica mirata a ridurre l’acidità nello stomaco e a prevenire quindi l’esofagite in attesa della fisiologica maturazione, che di solito subentra entro l’anno di vita.

Io le ho provate entrambe, inizialmente il mio pediatra mi ha dato il medigel che è farina di carrube, da aggiungere direttamente al latte in polvere che stavo già utilizzando ma purtroppo ha creato più danni che altro. La bimba è diventata stitica e le ha fatto venire le coliche. Stesso effetto il latte anti-reflusso.

Allora sono passata ad un latte anticoliche ed antistipsi che sembrerebbe centrare poco ma è un latte leggermente più addensato del normale ma meno di quello anti-reflusso. In farmacia potrete trovare il Lenilac di Plasmon, Pantolac di Mellin, ma dopo un attenta ricerca ho scelto Aptamil Conformil plus. La mia scelta è ricaduta su questa marca perché a parità di componenti questo latte acquistandolo in su un sito tedesco: www.homoempatia.eu  l’ho pagato la metà degli altri. Questo ha migliorato la situazione ma non l’ha risolta completamente alchè ho associato il Gastrotuss Baby che le creava una sorta di tappo denso che contrastava le risalite acide. Può essere utilizzato anche il Riopan o il gaviscon ma il Gastrotuss Baby è meno invasivo nonchè studiato appositamente per gli infanti.

Spero che vi saranno utili il meno spesso possibili queste informazioni, ma meglio essere preparate!

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