Dentizione: sintomi e rimedi quando al tuo bambino sta per nascere il primo dentino

Buongiorno mamme, allora dove eravamo rimaste…?

Ah sì, avevamo superato lo step dei primi 3 mesi tempo dopo il quale, ho sentito dire, doveva avvenire una specie di miracolo, il bimbo o la bimba in questione si sarebbe dovuto mettere a dormire, basta coliche o disturbi incomprensibili… ahimè però ciò non corrisponde proprio al vero…sicuramente il bebè dovrebbe ormai avere assunto dei ritmi un po’ più regolari sia nel mangiare che nel dormire, le coliche man mano si stanno attenuando, insomma apparentemente tutto bene ma un giorno potrebbe capitare qualcosa di inaspettato che può cambiare i ritmi guadagnati duramente.

SINTOMI:

A volte possono comparire sintomi quali arrossamento e irritazione della pelle delle guance, del mento, del collo e del sederino, febbre, inappetenza, disturbi gastrointestinali (causati da una temporanea diminuzione delle difese immunitarie) ma soprattutto i segnali caratteristici sono: irritabilità, sonno disturbato con frequenti risvegli e smani di mordere qualsiasi cosa.

A quel punto dopo aver escluso che abbia fame o altro problema evidente, sorge un dubbio… ma è possibile? Non è presto? I dentini cominciano a spuntare più avanti. E invece non è proprio così.

Ogni bambino è differente!

La comparsa del primo dente avviene mediamente intorno al 6° mese di vita, tuttavia, non tutti i bimbi vedono spuntare i dentini nei periodi prestabiliti dalle tabelle dei pediatri in alcuni possono comparire addirittura al 9°-10° mese e in altri, sia pure molto più raramente, avviene molto prima già intorno al 4°-5°, senza costituire un’anomalia (la dentizione infatti è regolata da fattori ereditari).

C’è da dire inoltre che non tutti soffrono particolarmente ogni volta che un nuovo dente spunta dalle gengive

Già verso il 3° mese, si può cominciare a notare, che il bambino si mette a “fare le bave”. Questo fenomeno è dovuto sia alla maturazione dell’attività delle ghiandole che producono la saliva sia al fatto che il bambino non ha ancora imparato a deglutire la saliva. Questo fenomeno è spesso associato all‘inizio della dentizione, poiché l’irritazione delle gengive stimola, come conseguenza, una maggiore salivazione. Non corrisponde, invece, a una reale condizione dello sviluppo dentario del bambino, bensì più a una credenza popolare, la cosiddetta “duplicazione delle gengive” cioè la sensazione che il bordo gengivale del bambino si raddoppi per poter lasciare spazio all’eruzione dei denti.

A prescindere dalle tradizioni, una cosa è certa: la dentizione è un processo lungo e a volte fastidioso che il neonato inizia a sviluppare a partire dal 3°- 4° mese di vita e si completa, nella dentatura da latte, intorno ai 3 anni.

RIMEDI:

è proprio a causa della pressione sulle gengive esercitata dai denti, la causa dei fastidi dei bambini. La mia filosofia è intervenire nel modo più naturale e meno invasivo possibile, quindi i miei consigli tenderanno su questa direzione.

GIOCHI DA MORDERE: SÌ

E’ stato dimostrato che mordendo qualcosa i bimbi riescono a trovare sollievo, pertanto, in questa fase e in quella successiva della vera e propria dentizione, possiamo dargli sollievo offrendogli il ciuccio o i massaggiagengive creati appositamente a questo scopo, anche un massaggio con le dita (ben lavate) sulle gengive può alleviare il fastidio. Un altro buon sistema, non dispendioso, è quello di mettere un fazzoletto di cotone umido nel freezer per un’oretta e poi darlo al bambino da succhiare e per aumentare l’effetto calmante, è possibile anche immergerlo in camomilla non zuccherata.

Per chi optasse per i massaggia gengive, più comunemente definiti “DENTARUOLI” è bene dire che possono essere di silicone al 100%(morbido), oppure contenere acqua o gel necessario per l’azione refrigerante che effettuano, se tenuti nel frigo o nel freezer per essere raffreddati prima di usarli. Il freddo ha un effetto anestetizzante, che in generale aiuta a dare sollievo alle gengive gonfie. Ne esistono di diverse tipologie, specifiche per ogni periodo di crescita.

I massaggiagengive per la prima fase della dentizione, per esempio, si adattano delicatamente alla bocca per non procurare danni di nessun tipo al palato e per alleviare il fastidio procurato dai dentini che crescono nella parte frontale. I massaggiagengive da utilizzare nella seconda fase sono invece più grandi, realizzati in modo da limitare i fastidi provocati dai denti che spuntano nella zona mediana della bocca.

Per l’ultima fase, troviamo oggetti ancora più grandi, che permettono di intervenire sui denti che spuntano nella zona posteriore della bocca. Consiglio pertanto di scegliere un massaggiagengive che sia maneggevole e che sia adatto per la sua età, altrimenti potrebbe non risultare gradito. In commercio ce ne sono diversi validi, in cui è riportata appositamente l’età di riferimento, quindi in questo caso il mio indirizzo non è tanto sulla marca ma più orientato a seguire i mesi sulla confezione che in questo caso sono abbastanza fedeli per le esigenze del piccino, un altro elemento importante per la scelta è la leggerezza e maneggevolezza sia per voi che altrimenti dovreste tenerglielo sempre in bocca, sia per il piccolino che preferisce maneggiare personalmente, inoltre comincerà ad abituarsi a portare correttamente gli oggetti alla bocca.

Infine vi posso dire che non ho trovato dati sulla composizione del gel refrigerante all’interno dei massaggiagengive che è però garantito come atossico, la sua particolare consistenza permette di mantenere il freddo più a lungo, ma io per eccesso di precauzione ho preferito non acquistarlo, poiché nel caso si rompessero la bimba che non ha ancora provato altre consistenze oltre a quella liquida del latte si troverebbe con del gel in bocca e per i miei livelli di preoccupazione ho preferito dirottare la mia scelta altrove.

Esistono anche dei particolari ciucci apribili nei quali è possibile introdurre della frutta…a partire dal 4 mese infatti alcuni pediatri cominciano ad introdurre gli omogeneizzati di frutta, i più rigorosi invece ritengono che lo svezzamento debba iniziare a 6 mesi. Questi ciucci possono essere in silicone con dei forellini (sterilizzabile) o in rete lavabile (a mio avviso, meno igienico), con il duplice scopo quindi di introdurre cibi solidi in modo sicuro (i fori non consentono pezzi di cibo attraverso il quale potrebbero indurre soffocamento) e alleviare il dolore alle gengive unendo l’efficacia del fresco al sapore della frutta.

E’ possibile che il primo modello acquistato non sia quello di gradimento per il vostro piccolino, per forma o consistenza, vi consiglio di acquistare su Amazon per tempo, così senza problemi di tempistiche, riuscirete a trovare dentaruoli validi e di diversi tipi, a poco prezzo.

Di seguito vi elencherò alcuni che ho utilizzato:

Il primo l’ho acquistato e nonostante la consegna non immediata è il prodotto che ho pagato meno e che la mia piccola ha gradito di più, non ha una marca famosa ma è uguale a quelli della Tinabless con un costo decisamente inferiore. Qui per acquistarlo

Questo me lo hanno regalato, anche questo è stato molto gradito, soprattutto per la maneggevolezza. Ha diverse misure per i ciucci che si possono cambiare in base alla crescita della piccola, inoltre questo modello è dotato di tettarelle in silicone e non di rete, decisamente più igienico, lo trovate a questo indirizzo -> https://amzn.to/2PgEd6l

Questo l’ho acquistato ma la mia bimba non l’ha apprezzato molto, primo perché non riusciva a tenerlo in mano in autonomia e secondo per il materiale che per lei risultava essere troppo duro, eppure mi è stato molto consigliato, evidentemente per la mia bimba il fatto che non riuscisse a usarlo in autonomia è stato un deterrente. Lo trovate a questo indirizzo -> https://amzn.to/2UYBQdZ

PRODOTTI OMEOPATICI: SÌ

Anche l’omeopatia rappresenta un valido aiuto, naturale ed innocuo, di dare sollievo al piccolo durante questo evento fisiologico della sua vita. Mi è capitato di seguire le indicazioni presenti sul sito della Dott.ssa Alessandra Turconi, laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Pediatria all’università di Milano, Omeopata e Pediatra di Famiglia; la dott.ssa Turconi si interessa di salvaguardia della salute dei bambini e alla prevenzione in generale, con una particolare attenzione alla medicina naturale e all’alimentazione in età pediatrica.

Riporto il link di quanto da lei scritto in merito alla dentizione: http://lamiadottoressa.it/index.php/i-miei-articoli/

Esistono anche in commercio, sia preparati “compositi”, ossia contenenti più rimedi omeopatici, in formulazione sia in granuli che in fiale; sia prodotti in gel da applicare 4-5 volte al giorno.

A me personalmente sono state consigliate da diversi pediatri le fiale di CAMILIA , composta da Belladonna 5CH – 333,3 mg; Chamomilla vulgaris 9CH – 333,3 mg; Ferrum phosphoricum 5CH – 333,3 mg; Eccipiente acqua purificata, contiene inoltre tre sostanze attive, tradizionalmente utilizzate dalla farmacologia omeopatica nel trattamento sintomatico dei disturbi della dentizione: Chamomilla vulgaris, Phytolacca decandra e Rheum. Chamomilla agisce sull’infiammazione, calmando il dolore e l’irritabilità del piccolo. Phytolacca calma la smania di mordere e il fastidio che il bimbo lamenta alla gengive. Infine, Rheum è indicato per la diarrea e le coliche dolorose che si possono manifestare durante la dentizione.

E’ un rimedio omeopatico pertanto non a tutti i bimbi garantisce effettivamente il risultato ma nel contempo è privo di effetti collaterali e non ha controindicazioni particolari, è bene comunque informare il proprio pediatra. Si tratta di una soluzione completa e sicura io le ho usate e mi sono trovata bene, poiché ancora non si parla di dentizione e dolore ma bensì di fastidio, infatti sono consigliate i giorni in cui il piccolino è particolarmente irritabile, in questi casi aiutano a rilassare il bambino e attenuano il male ma in caso di dolori acuti sicuramente sono da associare a qualcosa di più forte. Diciamo che in questa prima fase in cui la gengive si sta solo preparando possono essere un valido aiuto.

Un altro prodotto omeopatico è il KINDIVAL, buono anch’esso, ma quest’ultimo come eccipiente ha la saccarina cioè zucchero, che senz’altro male non fa, ma non lo rende ideale per la salute dei dentini e a parità di efficacia, mi sento di consigliare Camilia.

Per quanto riguarda le paste da mettere direttamente sulle gengive, un altro prodotto naturale di cui si sente parlare spesso, più per sentito dire che per consiglio medico, è il MIELE ROSATO che a differenza del miele da banco è depurato per surriscaldamento e non ha rischio di botulino ma è sconsigliato per i bambini sotto l’anno di età, perché potrebbe provocare l’insorgere di carie. Questo è il motivo per cui anche prodotti come il DENTINALE anch’esso molto consigliato, è a mio avviso da utilizzare solo in caso di emergenza assoluta poiché anch’esso ricco di zuccheri.

Diverse mamme mi hanno invece consigliato un BALSAMO PRIMI DENTI prodotto di origine naturale che calma i fastidi causati dalla dentizione (gengiva gonfia, rossa, infiammata, congestionata ed ipersalivazione) grazie alla presenza di peptidi naturali ad effetto analgesico; non contiene ne’ anestetico ne’ antinfiammatorio di sintesi, è privo di zuccheri ed è utilizzabile ripetutamente più volte al giorno, per questo considerato da loro molto efficace. Per i bimbi che soffrono di dolori dovuti alla dentizione in ogni caso NON si devono usare pomate a base di lidocaina, che possono provocare effetti collaterali seri che arrivano anche alla morte, ad affermarlo una nota dell’Fda, l’agenzia ha ricevuto 22 segnalazioni di effetti avversi dovuti all’ingestione di una quantità eccessiva di lidocaina, dalle convulsioni alle aritmie cardiache, con 11 decessi, probabilmente collegati. In generale, specifica l’Fda, i pediatri non dovrebbero prescrivere farmaci per il dolore dovuto ai denti che stanno uscendo, e i genitori dovrebbero seguire le raccomandazioni dell’American Academy of Pediatrics.

COLLANA D’AMBRA: NO

Queste collanine si possono trovare nei supermercati, nei negozi per bambini, nelle farmacie (In Francia e Svizzera No), su Internet e costano tra i 15 e i 20 euro. Ma sono realmente efficaci?

Secondo alcuni, la pietra d’ambra avrebbe proprietà analgesiche, disinfiammanti e stimolanti del sistema immunitario.
La sostanza contenuta nella pietra che, grazie al surriscaldamento ottenuto dal contatto con la pelle, sarebbe in grado di apportare questi benefici sarebbe l’acido succinico. Iniziamo col dire che sui presunti benefici dell’acido succinico non esistono riscontri scientifici, a sostenere tale tesi oltre le varie ricerche è anche la geologa Elisa Brussich, che sta muovendo una vera e propria campagna contro tali ornamenti. In secondo luogo, se anche si volesse credere a queste proprietà benefiche, va detto che l’acido succinico, che è effettivamente presente in proporzioni tra il 2 e l’8% nell’ambra baltica tanto da essere chiamato “spirito dell’ambra”, viene rilasciato dalla pietra solo a temperature molto elevate. Nel caso delle collanine d’ambra, quindi, non basterebbe il solo calore del corpo umano a far rilasciare questa sostanza. Al contrario, secondo molti pediatri è concreto il pericolo di soffocamento. Isabelle Claudet, capo del dipartimento di Pediatria d’emergenza del Children’s Hospital di Tolosa, in Francia, ha pubblicato nel 2012 uno studio nel quale ha analizzato il motivo per cui, a dispetto dei rischi, molti genitori continuino a mettere le collanine d’ambra al collo dei loro piccoli, la conclusione è stata che, vedendo la sofferenza dei bambini durante il periodo della dentizione, la percezione astratta del pericolo di strangolamento viene “oscurata” dal tentativo concreto di dargli sollievo. E’ assente invece, secondo i commercianti, sia pericolo di strangolamento poiché le collanine hanno una chiusura di sicurezza con un punto di cedimento, e se la collana viene sottoposta a trazione si apre, sia il pericolo di soffocamento, dal momento che le pietruzze sono bloccate una a una sul filo, e quindi in caso di rottura non esiste la possibilità che gli elementi si sfilino completamente, ma il rischio permane per la singola pietra. In conclusione mi sento di sconsigliare tale prodotto essendo a mio avviso, i rischi maggiori dei benefici, ma per chi non fosse giunto alla mia stessa conclusione poiché mamma, nonne, amiche l’hanno utilizzate senza che capitasse nulla, posso consigliare di non metterle attorno al collo ma alla caviglia così esplicherebbero il loro ruolo a riducendo i rischi.

Ricordo infine che, nei rari casi in cui, la dentizione si accompagna alla febbre il pediatra può consigliare un farmaco antipiretico a basa di paracetamolo (TACHIPIRINA) che, oltre a far abbassare la febbre ha anche un’azione antidolorifica, e in caso di diarrea è molto importante reintegrare i liquidi per evitare il rischio di disidratazione infine se il bambino mostra inappetenza è bene non forzarlo troppo evitando soprattutto di offrirgli cibi o bevande troppo calde che aumenterebbero la sensazione di fastidio.

Gioie e “dolori” del parto cesareo: vi parlo della mia esperienza!

Cominciamo la nostra avventura insieme raccontando una elle cose più intime che ci sia:

Il parto.

Premetto che sono una che sopporta abbastanza bene il dolore e per questo non ero per nulla dubbiosa sul tipo di parto che desideravo.

Sognavo il parto naturale, con le sue sofferenze e le sue gioie, ma purtroppo il destino ha deciso per me.
Se devo essere sincera, ancora adesso un po’ invidio le mamme che hanno potuto vivere e raccontare questa esperienza, perché la mia è stata differente.

Non ricordo dove, ma ho letto che il parto è il momento in cui la vita più che mai si avvicina alla morte, la paura del momento che non puoi evitare e l’ansia di non riuscire a superarlo e in quell’istante che tutte le tue certezze svaniscono e non puoi fare altro che farti trascinare dagli eventi sperando che duri il meno possibile.

È un po’ questa la sofferenza che mi aspettavo ma nello stesso tempo non era ciò che agognavo. Ciò che desideravo era un marito amorevole al mio fianco che viveva la mia sofferenza e la mia enorme gioia accanto a me, desideravo vivere la sensazione di calma dopo la tempesta e di infinita pace avendo tra le braccia mia figlia, ancora faccio fatica a dire figlia.

Purtroppo però questa è la storia di tante altre mamme ma non la mia.

Io che a differenza di molte volevo il parto naturale, ho avuto già delle avvisaglie alla ventesima settimana, che non sarebbe andata così.

Ancora ricordo la prima volta che il ginecologo mi disse che la mia placenta era molto bassa, sarebbe potuta salire con l’aumentare del pancione ma non accadde, anche perché la mia pancia era relativamente piccola, e mese dopo mese ad ogni controllo mi davano sempre meno speranze.

Quando al 8°mese mi dissero che si trattava di placenta previa, ricordo che una lacrima mi solcò il viso, sembra stupido lo so, molte esulterebbero di sapere che hanno un bel cesareo programmato ma io avrei tanto voluto vivere l’esperienza naturale con mio marito accanto.

Detto ciò ovviamente per farmi del male, da ragazza mai operata ho avuto la brillante idea di vedere le statistiche di morte per parto cesareo e fami passare le paure….risultato: non credevo ce ne fossero ancora così tante.

Sembra assurdo ma da quel momento ho cominciato a vedere le cose sotto un’altra luce, le vivevo come se fosse l’ultima volta, non ho mai avuto il coraggio ma avevo scritto e nascosto anche una lettera di addio che ho poi strappato al mio ritorno a casa.

Insomma esagerata ma organizzata come al mio solito ero pronta ad ogni evenienza, tanto che il giorno del cesareo ero serena, niente ansia e paura.

Non posso dire lo stesso di mio marito!

Fatto sta che ho vissuto l’operazione secondo per secondo in attesa di quel pianto che è arrivato all’istante, si vede che era stata disturbata anzitempo.

Purtroppo il brutto è arrivato dopo quando, nei primi giorni non ho potuto godermi la mia piccolina quanto volevo. Non riuscivo ad alzarmi e i primi 2 giorni il dolore non mi permetteva di fare alcun movimento.

Il solo alzarmi dal letto per andare in bagno era un incubo, senza contare che tolto il catetere dovevo andarci più o meno ogni mezz’ora. Senza contare che la notte non ho potuto coricarmi lateralmente e farla mangiare dormendo, quindi dopo svariate notti insonni è subentrato il sonno che mi ha fatto perdere di lucidità non facendomi vivere appieno la gioia di quei momenti.

Come invidiavo le altre mamme che potevano dormire e spupazzarsi tranquillamente i loro piccoli senza che nessuno gliele dovesse mettere addosso.

Quindi confermo che se avessi potuto decidere avrei certamente scelto un parto naturale, anche se il sorriso che ho sulla pancia mi ricorderà per sempre di quel giorno e della gioia immensa di averle fatto conoscere il mondo.

È il segno indissolubile che lei fa parte di me e che il nostro legame non cesserà mai di esistere.

Tosse e raffreddore, uno dei primi malanni dei neonati

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TOSSE e RAFFREDDORE

È un sintomo molto comune nell’età infantile, tanto da rappresentare, in molte casistiche, la causa più frequente di consultazione medica. Può essere acuta, quando ha esordio brusco e breve durata, oppure cronica, quando dura da più di tre settimane.

Normalmente la tosse compare quando un qualsiasi ostacolo impedisce la normale respirazione: dal muco che si forma lungo l’apparato respiratorio a qualche corpo estraneo che si introduce con l’aria inspirata (polveri, particelle di cibo, liquidi); la tosse ha comunque lo scopo di liberare le vie respiratorie e quindi proteggere i polmoni da infezioni o infiammazioni.

La maggior parte delle volte la tosse è causata da infezioni virali che colpiscono le vie respiratorie, determinando faringite, laringite, tracheite o bronchite. I bambini che frequentano le comunità (asili nido e scuole materne) ne sono maggiormente colpiti, mentre è un sintomo insolito nel neonato; pertanto occorre contattare il pediatra, onde scongiurare il pericolo di una pertosse o bronchiolite.

In caso di raffreddore i neonati con meno di un anno d’età se hanno il naso chiuso non riescono a succhiare e a mangiare bene, quindi risulta fondamentale pulirlo sia per facilitare la loro alimentazione sia per permettere un sonno notturno tranquillo.

Va precisato che circa il 70-80% delle infezioni respiratorie nei bambini sono di natura virale e questo significa che non esiste una terapia mirata al virus (come avviene invece nel caso dei batteri che vengono uccisi con un antibiotico), bensì terapie utili ad alleviare i sintomi respiratori che le accompagnano.

Occorre contattare il pediatra se:

  • il vostro bambino ha meno di un mese, e tossisce insistentemente
  • il respiro è difficoltoso, con produzione di sibili, anche dopo aver pulito il naso
  • la respirazione è frequente e il bambino sembra fare fatica e l’addome si svuota completamente ad espirazione, anche nei momenti di assenza di tosse
  • ha perso i sensi durante gli eccessi di tosse
  • le labbra diventano bluastre (cianosi) durante la tosse
  • c’è del sangue nel muco del bambino
  • c’è il sospetto di inalazione di corpi estranei (piccole parti di giochi, bocconi di cibo): in questo caso la tosse, di solito, compare improvvisamente dopo un momento in cui sembra che il piccolo stia soffocando
  • il bambino è o sembra molto sofferente
  • è presente febbre da più di 3 giorni
  • la tosse dura da più di 2 settimane
  • il bambino ha da 1- 3 mesi di vita e ha tosse insistente già da 2-3 giorni
  • sospettate un’allergia (per esempio ai pollini)
  • la tosse disturba il sonno del piccolo
  • si associa a vomito

Negli altri casi sarà sufficiente idratare il bambino somministrando liquidi per bocca e pulire accuratamente il naso, come nel su come si puliscono occhi orecchie e naso con soluzione isotonica, praticando a seguire un aerosol con soluzione ipertonica, prima di ogni pasto.

Evitate il fumo passivo: il fumo ha un effetto irritante sulla mucosa respiratoria e stimola la tosse, e mantenete il giusto grado di umidità nell’ambiente.

Usate gocce o sciroppi calmanti della tosse solo sotto consiglio del pediatra curante
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Coliche del Neonato, tutto quello che devi sapere

Vorrei esordire dicendo che le coliche non sono la risposta a tutti i pianti dei bambini sotto i 3 mesi.

COLICHE

Spesso mi è capitato di sentire dire che erano coliche quando in realtà magari era solo il latte poco sostanzioso delle ore serali che portava ad avere più fame o reflusso o altri fattori come il caldo. Insomma prima di dire che sono coliche osservate bene il neonato e chiedete un parere medico, spiegando i sintomi e non facendovi la diagnosi. Questo lo dico solo perché rischiate di curare il vostro piccolo per qualcosa che non ha e finireste per non soddisfare i suoi reali bisogni.

È un evento molto frequente che generalmente colpisce i lattanti sotto i tre mesi di vita.

Le cause, sono ancora in parte sconosciute. Sono chiamati in causa fattori ambientali, come l’ansia dei genitori; fattori legati all’alimentazione, come l’uso di cibi ricchi di carboidrati; possibili allergie o intolleranze al latte o ad altri cibi assunti dalla mamma; l’eccessiva deglutizione d’aria, legata alla fame e alla non perfetta coordinazione della suzione.

Per riconoscere una colica esiste una regola precisa e sintomi ben riconoscibili.

Per distinguere le coliche dagli altri episodi di pianto, si applica comunemente la regola del tre.

In base a questa regola, formulata da Wessel nel 1954, sarebbe affetto da coliche un lattante soggetto a episodi di irritabilità con agitazione o pianto della durata di più di tre ore al giorno, con una frequenza pari ad almeno tre giorni alla settimana e da almeno tre settimane consecutive.

Un attacco di coliche gassose è caratterizzato da un esordio improvviso, generalmente nelle ore pomeridiane o serali, di pianto intenso, acuto e difficilmente consolabile. Le crisi di pianto sono accompagnate da agitazione, arrossamento del volto e smorfie, flessione delle gambine verso l’addome, possibile emissione di gas e probabile ricerca del seno materno come tentativo di consolazione.

Poiché le cause possibili sono diverse e a volte contemporanee anche i trattamenti saranno differenti. È comune l’osservazione che l’emissione di feci e gas produca temporaneo sollievo al lattante. Di conseguenza cullare il piccolo tenendolo in posizione prona sull’avambraccio così come praticargli dei massaggi circolari in senso orario (senso del transito intestinale) attorno all’ombelico, sono accorgimenti che possono apportare un beneficio immediato, anche se temporaneo, favorendo l’emissione d’aria durante le pause della poppata può essere d’aiuto. Offrire al piccolo un ambiente familiare emotivamente stabile, senza eccessi d’ansia può rendere le coliche meno frequenti e durature. Ricordate che anche un’alimentazione eccessiva o troppo scarsa può favorire l’insorgenza di coliche.

In generale in caso di coliche è consigliabile bere molto ed evitare di mangiare in grandi quantità  i seguenti alimenti: alcolici in genere (vino, birra, liquori), the, caffè, bevande gasate, frutta secca, verdure aromatiche (cavolfiore, rape, carciofi, asparagi), Spezie (rigano, peperoncino, prezzemolo, ecc), Aglio, Formaggi fermentati (gorgonzola, mascarpone, ecc), Cibi speziati e carne in scatola, Cioccolata, Legumi(ad eccezione delle lenticchie), Frutti di mare e crostacei

Io posso affermare di aver salvato molte mamme in difficoltà con questo consiglio quindi tenetelo bene a mente:

REUTERIN o REUFLOR: Non è un medicinale, possono utilizzarlo tutti poiché è solo un particolare ceppo di fermenti lattici. Potete tranquillamente chiedere al vostro pediatra. Fino a oggi non sono stati identificati dei trattamenti davvero efficaci per calmare le crisi, ma ora lo studio del Murdoch Children’s Research Institute apre nuovi scenari. I ricercatori, infatti, hanno scoperto che il probiotico Lactobacillus reuteri nei neonati con meno di tre mesi riesce a ridurre le crisi di pianto.

Io l’ho utilizzato tutti i giorni per i primi 3 mesi, i bambini nati con cesareo hanno la flora intestinale più debole, per questo inizialmente il pediatra me lo aveva consigliato, dopodiché mi sono resa conto che quando ho cominciato a sospenderlo la mia piccola si lamentava per le coliche allora ho ripreso e non ha mai più sofferto tranne i giorni in cui lo finivo. Ha un costo alquanto elevato, io ovviavo comprandolo su Amazon qui, ma tornassi indietro non avrei alcun dubbio, è stato il mio salvavita.

Nel caso in cui le coliche fossero molto frequenti e disturbanti, il vostro pediatra potrebbe consigliarvi un preparato, sia esso naturale o farmacologico. A volte anche l’utilizzo di sondini rettali può favorire l’emissione di feci e gas e comportare beneficio. Tuttavia, solo su indicazione del pediatra curante si potrà somministrare medicine o modificare la dieta.

Cosa fare quando un neonato ha la febbre

Una corretta informazione riveste un’importanza fondamentale per tutelare la salute dei cittadini in generale e dei bambini in particolare. Da questa consapevolezza è nato l’impegno del Ministero della Salute per realizzare la guida “Quando nasce un bambino” che troverete in formato pdf su internet e dal quale sono tratte la maggior parte di queste informazioni.

Di seguito trovate una serie di informazioni su cosa fare quando il vostro bambino o bambina ha la febbre.

Fatemi sapere se vi è stato utile scrivendomi direttamente a valeria@laprimanina.it

FEBBRE

E’ utile sapere che solitamente un bimbo in salute, durante i primi mesi non si dovrebbe ammalare poiché ha ancora in corpo le difese immunitarie della madre. Nei primi mesi è quindi raro che il lattante presenti febbre, se non post vaccinale o da disidratazione quando vi è caldo eccessivo, mentre è comune intorno all’anno di vita.

Nel caso ci fosse un evento febbrile ci sono cose da sapere e da fare:

  • Contattare il personale competente

Se il bambino ha meno di 28 giorni di vita, le Linee Guida raccomandano che il neonato febbrile venga portato subito in ospedale, per l’elevato rischio di patologia, se invece si tratta di lattante, cioè bambino dalle 4 settimane compiute fino al compimento dei 3 mesi di vita, è opportuno consultare il pediatra con sollecitudine.

Se invece ha più di 3 mesi, ricordate che il livello della temperatura (cioè una febbre più o meno alta) non è sufficiente da solo a far capire se la malattia è lieve o grave. È importante sapere che bisogna guardare il bambino più che il termometro per decidere quando è il caso di preoccuparsi e consultare il pediatra con sollecitudine, o quando invece è possibile rimanere tranquilli, almeno per un po’, ad aspettare l’evoluzione spontanea della malattia (che nella maggior parte dei casi va verso la guarigione spontanea in 2-4 giorni).

In ogni caso è bene rivolgersi rapidamente al pediatra se il lattante ha la febbre molto alta (39 – 40°C) e/o nonostante la somministrazione del farmaco questa non si abbassasse, oppure nel caso il bambino vi sembri sofferente, se fossero presenti disturbi concomitanti, nel caso piangesse in maniera inconsolabile, rifiutasse completamente il cibo o assumesse un comportamento inusuale.

  • Misurare correttamente la temperatura

Vi sono diversi strumenti per la misurazione, ma quelli consigliati sono: il termometro pediatrico a mercurio o quello digitale. Personalmente avevo acquistato quello digitale della Braun che si posiziona sulla fronte ma non mi fidavo mai e alla fine utilizzo sempre quello pediatrico digitale rettale che potrete trovare qui.

Nel bambino molto piccolo è consigliabile misurare la temperatura per via rettale; infatti questa misurazione è attendibile, precisa e abbastanza veloce. Per la misurazione è preferibile lubrificare il bulbo del termometro con della vaselina o dell’olio e, dopo avere sdraiato il bambino sul fianco o a pancia in giù, introdurre il termometro per circa 2 cm, accostare i glutei e tenere fermo il bambino per tutto il tempo necessario all’operazione. Trascorso il tempo necessario si leggerà sul termometro il valore della temperatura misurata. Per rapportarlo alla temperatura ascellare bisognerà sottrarre 5 lineette (mezzo grado).

Cioè un valore di 38°C di temperatura rettale corrisponderà a circa 37,5°C ascellare. Può essere considerato febbrile un valore al di sopra di 37.5°C. Evitate di misurare la temperatura alla sera, perché in genere è più alta di un grado; vicino ai pasti o dopo avere bevuto liquidi molto caldi o freddi (lasciare trascorrere almeno mezz’ora); inoltre non misurare la temperatura appena il bambino si è svegliato ed è ancora coperto.

  • La temperatura febbrile non è direttamente proporzionale all’entità dell’infezione

L’aumento della temperatura corporea avviene per l’attivazione delle difese naturali ed è esso stesso uno dei meccanismi attraverso il quale l’organismo del bambino reagisce quando viene aggredito dall’esterno da un virus o da un batterio, che prediligono una temperatura più bassa. La febbre può essere provocata sia da malattie poco gravi (la maggior parte delle volte), sia da malattie più impegnative (molto più raramente). Una febbre molto alta, per fortuna, non vuol dire per forza che ci troviamo in presenza di una malattia molto grave.

  • Impiegare l’antipiretico in funzione del malessere del bambino

La febbre, ha lo scopo di creare condizioni sfavorevoli alla vita di virus e batteri, se non causa toppi disagi non è opportuno contrastarla nel corso di una malattia infettiva, soprattutto quando non supera i 38 °C, quindi l’usi antipiretici è consigliato con temperature superiori ai 38/38.5°C ascellari, ovvero ai 38.5/39°C rettali o auricolari. Il farmaco abbassa la febbre dopo circa 1 ora, e la sua efficacia persiste di solito per 4-5 ore.

  • Come abbassare la febbre.

Paracetamolo e ibuprofene sono gli unici farmaci antipiretici da utilizzare. Per favorire la naturale evoluzione della febbre, prima di tutto è importante non coprire eccessivamente il bimbo per consentire al corpo di disperdere il calore, perciò ad una temperatura ambientale di 19- 21°C lasciamo pure il piccolo con una leggera tutina di cotone, oppure semplicemente con il body se la febbre è sopra i 39°C. Da evitare i sistemi fisici come spugnature e ghiaccio, perché potrebbero essere dannosi.

  • Dosare sempre l’antipiretico in funzione del peso del bambino.

Le Linee Guida raccomandano di somministrare l’antipiretico in gocce o sciroppo, in quanto l’assorbimento è più costante ed è possibile maggiore precisione nel dosaggio, che deve essere sempre calcolato in base al peso corporeo e non in base all’età del bambino. Le supposte vanno utilizzate solo se, oltre alla febbre, è presente vomito o altre condizioni che impediscano l’impiego di farmaci per via orale sia perché sono sgradevoli per il bambino sia perché possono causare effetti collaterali, dal momento che si tende al sovradosaggio.

  • La febbre in condizioni normali non fa venire le convulsioni

La febbre è un reazione positiva dell’organismo è dunque l’effetto di un evento e non è casa di complicazioni in se per se.

  • Assecondate le su esigenze

Fate bere il bambino un po’ più del solito o attaccatelo al seno più frequentemente. Non forzatelo a mangiare se non vuole. Non costringetelo a letto se non vuole. Se è necessario, potete fare uscire il vostro bambino: per esempio per trasportarlo a casa di altri familiari (per permettervi di andare al lavoro o svolgere altre incombenze) oppure per portarlo alla visita pediatrica o al laboratorio a eseguire delle analisi. Fare uscire il bambino non comporta alcun rischio per la sua salute, le condizioni atmosferiche non influenzano l’andamento delle malattie.

I primi malanni che dovrai affrontare e come non preoccuparti

Una corretta informazione riveste un’importanza fondamentale per tutelare la salute dei cittadini in generale e dei bambini in particolare. Da questa consapevolezza è nato l’impegno del Ministero della Salute per realizzare la guida “Quando nasce un bambino” che troverete in formato pdf su internet e dal quale sono tratte la maggior parte di queste informazioni.

Prima di continuare, se vuoi scaricare tutta, ma proprio tutta la guida, compila il form qui sotto.

FEBBRE

E’ utile sapere che solitamente un bimbo in salute, durante i primi mesi non si dovrebbe ammalare poiché ha ancora in corpo le difese immunitarie della madre. Nei primi mesi è quindi raro che il lattante presenti febbre, se non post vaccinale o da disidratazione quando vi è caldo eccessivo, mentre è comune intorno all’anno di vita.

Nel caso ci fosse un evento febbrile ci sono cose da sapere e da fare:

  • Contattare il personale competente

Se il bambino ha meno di 28 giorni di vita, le Linee Guida raccomandano che il neonato febbrile venga portato subito in ospedale, per l’elevato rischio di patologia, se invece si tratta di lattante, cioè bambino dalle 4 settimane compiute fino al compimento dei 3 mesi di vita, è opportuno consultare il pediatra con sollecitudine.

Se invece ha più di 3 mesi, ricordate che il livello della temperatura (cioè una febbre più o meno alta) non è sufficiente da solo a far capire se la malattia è lieve o grave. È importante sapere che bisogna guardare il bambino più che il termometro per decidere quando è il caso di preoccuparsi e consultare il pediatra con sollecitudine, o quando invece è possibile rimanere tranquilli, almeno per un po’, ad aspettare l’evoluzione spontanea della malattia (che nella maggior parte dei casi va verso la guarigione spontanea in 2-4 giorni).

In ogni caso è bene rivolgersi rapidamente al pediatra se il lattante ha la febbre molto alta (39 – 40°C) e/o nonostante la somministrazione del farmaco questa non si abbassasse, oppure nel caso il bambino vi sembri sofferente, se fossero presenti disturbi concomitanti, nel caso piangesse in maniera inconsolabile, rifiutasse completamente il cibo o assumesse un comportamento inusuale.

  • Misurare correttamente la temperatura

Vi sono diversi strumenti per la misurazione, ma quelli consigliati sono: il termometro pediatrico a mercurio o quello digitale. Personalmente avevo acquistato quello digitale della Braun che si posiziona sulla fronte ma non mi fidavo mai e alla fine utilizzo sempre quello pediatrico digitale rettale che potrete trovare qui.

Nel bambino molto piccolo è consigliabile misurare la temperatura per via rettale; infatti questa misurazione è attendibile, precisa e abbastanza veloce. Per la misurazione è preferibile lubrificare il bulbo del termometro con della vaselina o dell’olio e, dopo avere sdraiato il bambino sul fianco o a pancia in giù, introdurre il termometro per circa 2 cm, accostare i glutei e tenere fermo il bambino per tutto il tempo necessario all’operazione. Trascorso il tempo necessario si leggerà sul termometro il valore della temperatura misurata. Per rapportarlo alla temperatura ascellare bisognerà sottrarre 5 lineette (mezzo grado).

Cioè un valore di 38°C di temperatura rettale corrisponderà a circa 37,5°C ascellare. Può essere considerato febbrile un valore al di sopra di 37.5°C. Evitate di misurare la temperatura alla sera, perché in genere è più alta di un grado; vicino ai pasti o dopo avere bevuto liquidi molto caldi o freddi (lasciare trascorrere almeno mezz’ora); inoltre non misurare la temperatura appena il bambino si è svegliato ed è ancora coperto.

  • La temperatura febbrile non è direttamente proporzionale all’entità dell’infezione

L’aumento della temperatura corporea avviene per l’attivazione delle difese naturali ed è esso stesso uno dei meccanismi attraverso il quale l’organismo del bambino reagisce quando viene aggredito dall’esterno da un virus o da un batterio, che prediligono una temperatura più bassa. La febbre può essere provocata sia da malattie poco gravi (la maggior parte delle volte), sia da malattie più impegnative (molto più raramente). Una febbre molto alta, per fortuna, non vuol dire per forza che ci troviamo in presenza di una malattia molto grave.

  • Impiegare l’antipiretico in funzione del malessere del bambino

La febbre, ha lo scopo di creare condizioni sfavorevoli alla vita di virus e batteri, se non causa toppi disagi non è opportuno contrastarla nel corso di una malattia infettiva, soprattutto quando non supera i 38 °C, quindi l’usi antipiretici è consigliato con temperature superiori ai 38/38.5°C ascellari, ovvero ai 38.5/39°C rettali o auricolari. Il farmaco abbassa la febbre dopo circa 1 ora, e la sua efficacia persiste di solito per 4-5 ore.

  • Come abbassare la febbre.

Paracetamolo e ibuprofene sono gli unici farmaci antipiretici da utilizzare. Per favorire la naturale evoluzione della febbre, prima di tutto è importante non coprire eccessivamente il bimbo per consentire al corpo di disperdere il calore, perciò ad una temperatura ambientale di 19- 21°C lasciamo pure il piccolo con una leggera tutina di cotone, oppure semplicemente con il body se la febbre è sopra i 39°C. Da evitare i sistemi fisici come spugnature e ghiaccio, perché potrebbero essere dannosi.

  • Dosare sempre l’antipiretico in funzione del peso del bambino.

Le Linee Guida raccomandano di somministrare l’antipiretico in gocce o sciroppo, in quanto l’assorbimento è più costante ed è possibile maggiore precisione nel dosaggio, che deve essere sempre calcolato in base al peso corporeo e non in base all’età del bambino. Le supposte vanno utilizzate solo se, oltre alla febbre, è presente vomito o altre condizioni che impediscano l’impiego di farmaci per via orale sia perché sono sgradevoli per il bambino sia perché possono causare effetti collaterali, dal momento che si tende al sovradosaggio.

  • La febbre in condizioni normali non fa venire le convulsioni

La febbre è un reazione positiva dell’organismo è dunque l’effetto di un evento e non è casa di complicazioni in se per se.

  • Assecondate le su esigenze

Fate bere il bambino un po’ più del solito o attaccatelo al seno più frequentemente. Non forzatelo a mangiare se non vuole. Non costringetelo a letto se non vuole. Se è necessario, potete fare uscire il vostro bambino: per esempio per trasportarlo a casa di altri familiari (per permettervi di andare al lavoro o svolgere altre incombenze) oppure per portarlo alla visita pediatrica o al laboratorio a eseguire delle analisi. Fare uscire il bambino non comporta alcun rischio per la sua salute, le condizioni atmosferiche non influenzano l’andamento delle malattie.

 

COLICHE

Vorrei esordire dicendo che le coliche non sono la risposta a tutti i pianti dei bambini sotto i 3 mesi.

Spesso mi è capitato di sentire dire che erano coliche quando in realtà magari era solo il latte poco sostanzioso delle ore serali che portava ad avere più fame o reflusso o altri fattori come il caldo. Insomma prima di dire che sono coliche osservate bene il neonato e chiedete un parere medico, spiegando i sintomi e non facendovi la diagnosi. Questo lo dico solo perché rischiate di curare il vostro piccolo per qualcosa che non ha e finireste per non soddisfare i suoi reali bisogni.

È un evento molto frequente che generalmente colpisce i lattanti sotto i tre mesi di vita.

Le cause, sono ancora in parte sconosciute. Sono chiamati in causa fattori ambientali, come l’ansia dei genitori; fattori legati all’alimentazione, come l’uso di cibi ricchi di carboidrati; possibili allergie o intolleranze al latte o ad altri cibi assunti dalla mamma; l’eccessiva deglutizione d’aria, legata alla fame e alla non perfetta coordinazione della suzione.

Per riconoscere una colica esiste una regola precisa e sintomi ben riconoscibili.

Qui trovi tutta la guida, compila il form qui sotto.

Per distinguere le coliche dagli altri episodi di pianto, si applica comunemente la regola del tre.

In base a questa regola, formulata da Wessel nel 1954, sarebbe affetto da coliche un lattante soggetto a episodi di irritabilità con agitazione o pianto della durata di più di tre ore al giorno, con una frequenza pari ad almeno tre giorni alla settimana e da almeno tre settimane consecutive.

Un attacco di coliche gassose è caratterizzato da un esordio improvviso, generalmente nelle ore pomeridiane o serali, di pianto intenso, acuto e difficilmente consolabile. Le crisi di pianto sono accompagnate da agitazione, arrossamento del volto e smorfie, flessione delle gambine verso l’addome, possibile emissione di gas e probabile ricerca del seno materno come tentativo di consolazione.

Poiché le cause possibili sono diverse e a volte contemporanee anche i trattamenti saranno differenti. È comune l’osservazione che l’emissione di feci e gas produca temporaneo sollievo al lattante. Di conseguenza cullare il piccolo tenendolo in posizione prona sull’avambraccio così come praticargli dei massaggi circolari in senso orario (senso del transito intestinale) attorno all’ombelico, sono accorgimenti che possono apportare un beneficio immediato, anche se temporaneo, favorendo l’emissione d’aria durante le pause della poppata può essere d’aiuto. Offrire al piccolo un ambiente familiare emotivamente stabile, senza eccessi d’ansia può rendere le coliche meno frequenti e durature. Ricordate che anche un’alimentazione eccessiva o troppo scarsa può favorire l’insorgenza di coliche.

In generale in caso di coliche è consigliabile bere molto ed evitare di mangiare in grandi quantità  i seguenti alimenti: alcolici in genere (vino, birra, liquori), the, caffè, bevande gasate, frutta secca, verdure aromatiche (cavolfiore, rape, carciofi, asparagi), Spezie (rigano, peperoncino, prezzemolo, ecc), Aglio, Formaggi fermentati (gorgonzola, mascarpone, ecc), Cibi speziati e carne in scatola, Cioccolata, Legumi(ad eccezione delle lenticchie), Frutti di mare e crostacei

Io posso affermare di aver salvato molte mamme in difficoltà con questo consiglio quindi tenetelo bene a mente:

REUTERIN o REUFLOR: Non è un medicinale, possono utilizzarlo tutti poiché è solo un particolare ceppo di fermenti lattici. Potete tranquillamente chiedere al vostro pediatra. Fino a oggi non sono stati identificati dei trattamenti davvero efficaci per calmare le crisi, ma ora lo studio del Murdoch Children’s Research Institute apre nuovi scenari. I ricercatori, infatti, hanno scoperto che il probiotico Lactobacillus reuteri nei neonati con meno di tre mesi riesce a ridurre le crisi di pianto.

Io l’ho utilizzato tutti i giorni per i primi 3 mesi, i bambini nati con cesareo hanno la flora intestinale più debole, per questo inizialmente il pediatra me lo aveva consigliato, dopodiché mi sono resa conto che quando ho cominciato a sospenderlo la mia piccola si lamentava per le coliche allora ho ripreso e non ha mai più sofferto tranne i giorni in cui lo finivo. Ha un costo alquanto elevato, io ovviavo comprandolo su Amazon qui, ma tornassi indietro non avrei alcun dubbio, è stato il mio salvavita.

Nel caso in cui le coliche fossero molto frequenti e disturbanti, il vostro pediatra potrebbe consigliarvi un preparato, sia esso naturale o farmacologico. A volte anche l’utilizzo di sondini rettali può favorire l’emissione di feci e gas e comportare beneficio. Tuttavia, solo su indicazione del pediatra curante si potrà somministrare medicine o modificare la dieta.

 

TOSSE e RAFFREDDORE

È un sintomo molto comune nell’età infantile, tanto da rappresentare, in molte casistiche, la causa più frequente di consultazione medica. Può essere acuta, quando ha esordio brusco e breve durata, oppure cronica, quando dura da più di tre settimane.

Normalmente la tosse compare quando un qualsiasi ostacolo impedisce la normale respirazione: dal muco che si forma lungo l’apparato respiratorio a qualche corpo estraneo che si introduce con l’aria inspirata (polveri, particelle di cibo, liquidi); la tosse ha comunque lo scopo di liberare le vie respiratorie e quindi proteggere i polmoni da infezioni o infiammazioni.

La maggior parte delle volte la tosse è causata da infezioni virali che colpiscono le vie respiratorie, determinando faringite, laringite, tracheite o bronchite. I bambini che frequentano le comunità (asili nido e scuole materne) ne sono maggiormente colpiti, mentre è un sintomo insolito nel neonato; pertanto occorre contattare il pediatra, onde scongiurare il pericolo di una pertosse o bronchiolite.

In caso di raffreddore i neonati con meno di un anno d’età se hanno il naso chiuso non riescono a succhiare e a mangiare bene, quindi risulta fondamentale pulirlo sia per facilitare la loro alimentazione sia per permettere un sonno notturno tranquillo.

Va precisato che circa il 70-80% delle infezioni respiratorie nei bambini sono di natura virale e questo significa che non esiste una terapia mirata al virus (come avviene invece nel caso dei batteri che vengono uccisi con un antibiotico), bensì terapie utili ad alleviare i sintomi respiratori che le accompagnano.

Occorre contattare il pediatra se:

  • il vostro bambino ha meno di un mese, e tossisce insistentemente
  • il respiro è difficoltoso, con produzione di sibili, anche dopo aver pulito il naso
  • la respirazione è frequente e il bambino sembra fare fatica e l’addome si svuota completamente ad espirazione, anche nei momenti di assenza di tosse
  • ha perso i sensi durante gli eccessi di tosse
  • le labbra diventano bluastre (cianosi) durante la tosse
  • c’è del sangue nel muco del bambino
  • c’è il sospetto di inalazione di corpi estranei (piccole parti di giochi, bocconi di cibo): in questo caso la tosse, di solito, compare improvvisamente dopo un momento in cui sembra che il piccolo stia soffocando
  • il bambino è o sembra molto sofferente
  • è presente febbre da più di 3 giorni
  • la tosse dura da più di 2 settimane
  • il bambino ha da 1- 3 mesi di vita e ha tosse insistente già da 2-3 giorni
  • sospettate un’allergia (per esempio ai pollini)
  • la tosse disturba il sonno del piccolo
  • si associa a vomito

Negli altri casi sarà sufficiente idratare il bambino somministrando liquidi per bocca e pulire accuratamente il naso, come nel su come si puliscono occhi orecchie e naso con soluzione isotonica, praticando a seguire un aerosol con soluzione ipertonica, prima di ogni pasto.

Evitate il fumo passivo: il fumo ha un effetto irritante sulla mucosa respiratoria e stimola la tosse, e mantenete il giusto grado di umidità nell’ambiente.

Usate gocce o sciroppi calmanti della tosse solo sotto consiglio del pediatra curante

DIARREA E STIPSI

L’aspetto delle feci va esaminato secondo le loro molteplici proprietà: la consistenza, il volume, la composizione, il colore, l’odore, la forma, la quantità, la frequenza di evacuazione.

Il numero di evacuazioni al giorno è molto variabile, si può considerare normale sia la scarica dopo ogni pasto, specialmente con il latte materno, sia una scarica ogni 2-3 giorni (LA).

Se il neonato prende il latte materno, le sue feci avranno un colore giallo (ocra o becco d’oca) e una consistenza cremosa o tendente al liquido. L’odore non è cattivo e tendenzialmente acidulo. A volte possono essere presenti dei granuli biancastri di caseina. In caso di allattamento con latte in formula la colorazione potrebbe essere invece verdastra anziché gialla. E’ necessario invece avvisare il pediatra in caso di feci di colore rosso (potrebbe essere indicativo della presenza di sangue fresco) di colore nero (potrebbe essere indicativo della presenza di sangue digerito) o di colore molto chiaro o addirittura bianco (potrebbe essere indicativo di ostruzione biliare).

La diarrea è la frequente emissione di feci non formate o liquide: entrambe le caratteristiche, numero delle scariche e consistenza delle feci, devono coesistere per parlare di evento diarroico.

Nel neonato allattato artificialmente, si parla di diarrea quando nella giornata è presente un numero di scariche superiore a 4 – 6, con feci poco formate o liquide. E’ inoltre da valutare se il piccolo si scarica in modo differente dal solito, elemento fondamentale, specialmente nel caso di allattamento al seno, con scariche abitualmente molto frequenti.

Qualunque sia il motivo a determinare la diarrea, l’aspetto che più preoccupa è l’insorgenza di disidratazione. La cosa più importante in questi casi, è valutare se c’è perdita di peso. Occorre, perciò, pesare giornalmente il bambino affetto da diarrea e vomito e bisogna consultare il proprio pediatra in caso di calo di peso. La presenza di bocca secca e la produzione di poca pipì nella giornata possono associarsi a disidratazione e vanno considerati come segnali d’allarme. In questo caso il pediatra potrà optare per reidratarlo con una soluzione glucosalina (ne esistono diverse in commercio) per ripristinare le perdite di sali minerali dovute alla diarrea da associare alla normale reidratazione mediante acqua. E’ raro invece che il pediatra decida di ricorrere ad antidiarroici che possono creare più danni che benefici.

La stitichezza è definita tale quando il bambino evacua ogni 3-4 giorni feci dure e secche, tipo palline, con intenso sforzo, provando evidente fastidio, a volte, anche dolore, durante la defecazione.

In tal caso è consigliabile il terzo giorno stimolare il bambino per aiutarlo a liberarsi. Il permanere delle feci nell’intestino più giorni può creare complicanze e l’emissione risulterebbe ulteriormente più complessa aumentando la disidratazione delle stesse.

Con il primo latte artificiale che adoperavo ho avuto un po di questi problemi. Inizialmente ho utilizzato un sondino anale per aiutarla ma non volevo creare dipendenze o rischiare di irritare più del dovuto allora seguendo il consiglio del mi pediatra ho acquistato il MELILAX PEDIATRIC e mi sono trovata benissimo, esiste anche la versione per adulti e nel caso in futuro dovessi aver bisogno sicuramente opterei per questo piuttosto che le perette di glicerina che fanno venire mal di pancia e lasciano strascichi per i giorni successivi a causa dell’irritazione alla mucosa che creano. L’equilibrio dell’intestino è fondamentale per la salute di tutto l’organismo. É importante poter liberare l’intestino con un prodotto che rispetti la fisiologia dell’organismo. Questo microclisma è a base di miele, con un’azione evacuante, induce uno stimolo non aggressivo di attivazione della defecazione, a cui si aggiunge un’importante azione protettiva sulla mucosa rettale. Utilizzato diverse volte con la relativa ansia del caso…in realtà posso definirla un esperienza positiva…la bimba non ha patito per nulla, anzi dopo essersi liberata era felice. Dopo averla coricata di lato e mantenuta accovacciata dalle forti braccia di mio marito, e dopo averlo lubrificato con lo stesso liquido interno al microclisma, ho introdotto pochissimo il beccuccio circa 0.5 cm per paura di farle del male, ogni volta ho praticamente fatto in tempo a chiuderle il pannolino che le avevo messo precedentemente sotto che il risultato è stato istantaneamente ottenuto Ottimo davvero!

VOMITO

Diarrea e vomito dipendono quasi sempre da infezioni sostenute da microbi (virus, batteri, parassiti), che arrivano nell’organismo attraverso la bocca. Qualunque sia il motivo a determinare il vomito, l’aspetto che più preoccupa è l’insorgenza di disidratazione.

La cosa più importante in questi casi, è valutare se c’è perdita di peso. Occorre, perciò, pesare giornalmente il bambino affetto da diarrea e vomito e bisogna consultare il proprio pediatra in caso di calo di peso. La presenza di bocca secca e la produzione di poca pipì nella giornata possono associarsi a disidratazione e vanno considerati come segnali d’allarme. In questo caso il pediatra potrà optare per re-idratarlo con una soluzione glucosalina (ne esistono diverse in commercio) per ripristinare le perdite di sali minerali. Se c’è vomito le bevande devono essere somministrate a temperatura ambiente o meglio fresche e a piccoli sorsi.

Contattare subito il pediatra se:

  • è presente vomito ripetuto che impedisce al bambino di bere
  • Ha meno di 3 mesi
  • il bambino appare disidratato (ha perso peso, urina poco o nulla, ha la bocca asciutta, è prostrato)
  • continua ad avere scariche liquide, dolori alla pancia e non riesce a prendere né cibo, né medicine

Diverso è il vomito occasionale che può presentarsi in caso il piccolo mangi troppo.

RIGURGITO E REFLUSSO

Il reflusso gastroesofageo, accompagnato o meno da rigurgiti, è un fenomeno del tutto fisiologico nei lattanti, e spesso non richiede alcun trattamento. Nel mio caso è stato il tallone di achille della mia piccola nel secondo e terzo mese.

Il reflusso gastroesofageo è il passaggio del contenuto gastrico nell’esofago; il rigurgito è lo stesso fenomeno, la differenza è che il reflusso non si vede, mentre si parla di rigurgito se con il reflusso un po’ del contenuto gastrico esce anche dalla bocca.

Spesso la colpa, se così di può dire, è l’immaturità del cardias, la valvola interposta tra esofago e stomaco che regola per l’appunto la comunicazione tra i due organi, aprendosi in maniera coordinata con la deglutizione e impedendo normalmente, con la sua chiusura, la possibile risalita di materiale acido. Man mano che il bambino cresce, comincia ad assumere cibi solidi e sta sempre più spesso in posizione eretta o seduta, il fenomeno diventa sempre meno evidente ed i rigurgiti scompaiono da sé.

Il reflusso, è riconoscibile attraverso comportamenti come pianto feroce subito dopo il pasto, ruminazione, inarcamento del busto e del collo all’indietro, tensione delle gambe, spesso non vuole essere posizionato a panca in su…non vi dico che nottatacce trascorse con lei a pelle di leopardo su di me perché in culla non voleva stare, a volte anche su di me si addormentava ma si svegliava urlante….povera.

In questi casi i consigli sono tenerlo una 20 di minuti in posizione eretta, almeno fino a quando non fa il ruttino prima di coricarlo, una posizione fantastica a riguardo è quella con il bambino di schiena sulla pancia della mamma. La mamma deve essere in piedi con una mano a fare da seggiolino al piccolo e l’altre sotto le ascelle, così facendo il piccolo è ben disteso in verticale e i liquidi scendono prima; un altro accorgimento può essere quello di fare di tanto in tanto una pausa durante la poppata.

La patologia da reflusso gastroesofageo , viene affrontata in relazione alla sua entità: di solito se non vi è perdita di peso non viene considerata neanche una patologia. Il sollevamento della testa del bimbo durante il riposo è il primo approccio; il Pediatra poi può valutare, in caso di bambini non allattati al seno, l’opportunità di utilizzare una formula “anti reflusso” caratterizzata da una maggiore viscosità (si tratta infatti di un latte ispessito in genere con farina di carruba) o, nei casi più importanti, considerare un’eventuale cura farmacologica mirata a ridurre l’acidità nello stomaco e a prevenire quindi l’esofagite in attesa della fisiologica maturazione, che di solito subentra entro l’anno di vita.

Io le ho provate entrambe, inizialmente il mio pediatra mi ha dato il medigel che è farina di carrube, da aggiungere direttamente al latte in polvere che stavo già utilizzando ma purtroppo ha creato più danni che altro. La bimba è diventata stitica e le ha fatto venire le coliche. Stesso effetto il latte anti-reflusso.

Allora sono passata ad un latte anticoliche ed antistipsi che sembrerebbe centrare poco ma è un latte leggermente più addensato del normale ma meno di quello anti-reflusso. In farmacia potrete trovare il Lenilac di Plasmon, Pantolac di Mellin, ma dopo un attenta ricerca ho scelto Aptamil Conformil plus. La mia scelta è ricaduta su questa marca perché a parità di componenti questo latte acquistandolo in su un sito tedesco: www.homoempatia.eu  l’ho pagato la metà degli altri. Questo ha migliorato la situazione ma non l’ha risolta completamente alchè ho associato il Gastrotuss Baby che le creava una sorta di tappo denso che contrastava le risalite acide. Può essere utilizzato anche il Riopan o il gaviscon ma il Gastrotuss Baby è meno invasivo nonchè studiato appositamente per gli infanti.

Spero che vi saranno utili il meno spesso possibili queste informazioni, ma meglio essere preparate!

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Il baby blues! 7 consigli pratici per vivere questo momento al meglio

Chi non ha vissuto il baby blues alzi la mano! 7 consigli pratici per vivere questo momento al meglio

L’insorgenza del baby blues è fisiologica, poiché conseguente al drastico cambiamento ormonale che avviene nelle ore successive al parto (crollo degli estrogeni e del progesterone) e alla spossatezza fisica e mentale dovuta al travaglio e al parto stesso.

Ogni anno almeno il 50% (1 su 2) delle donne vive un baby blues dopo il parto e il 10-15% soffre di disturbi di tipo depressivo (con intensità diverse).

Nell’1% dei casi circa, si rivela una vera e propria psicosi post-parto che può condurre addirittura al suicidio o l’infanticidio.

Puoi scaricare la guida completa al Baby Bluse andando compilando il form qui.

 

Distinguere la baby blues dalla depressione post parto:

La prima si manifesta nella prima settimana dopo il parto fra il 3° e il 6° giorno ed è caratterizzata da forti pianti senza motivo, tristezza, irritabilità, ansia, ecc.

Tuttavia le neomamme non perdono la capacità di prendersi cura nel neonato e di provare gioia. Dopo un paio di settimane il disturbo tende a svanire spontaneamente.

La depressione invece esordisce più tardi, solitamente tra la 4° e 6° settimana dopo il parto e in rari casi può manifestarsi anche più tardi. I sintomi specifici più importanti sono: tristezza, perdita d’interesse, di autostima e di energia, incapacità di provare gioia, fastidio o ostilità per il neonato ritenuto troppo esigente, pessimismo e senso di incompetenza, difficoltà nel contatto fisico con il neonato e eventualmente nell’allattamento, disperazione.

La “tristezza del terzo giorno” capita a moltissime neomamme. L’importante è cercare di vivere questo momento il più serenamente possibile. Ecco alcuni suggerimenti che ti aiuteranno ad affrontare questa tristezza passeggera:

1. Una delle prove più difficili da superare per una neomamma è la mancanza di sonno, o il sonno continuamente interrotto, non mi stancherò mai di ripeterlo. La mancanza di sonno offusca la mente, accentua nervosismo e rende tutto più complicato. Questo, a volte, è uno dei fattori che accentua il baby blues. Io prima del parto ho sottovalutato questo aspetto credendo di essere una superdonna e invece sono crollata. Non cercate di contrastare il bisogno continuo che ha il neonato di stare con voi ma assecondatelo e nello stesso tempo sfruttate il più possibile i suoi sonnellini per dormire! Non fate nulla in casa, delegate a marito, mamma o all’amica di turno. Se poi avete bisogno di una o due ore di sonno chiedere aiuto è il modo più semplice per superare le difficoltà.

2. Un’altra regola d’oro contro la tristezza è uscire di casa per una passeggiata. Vestirsi, preparare il neonato e prendere una boccata d’aria è un vero toccasana. Cercate di fare una passeggiata ogni giorno, in modo da non stravolgere completamente la vostra vita, ma semplicemente di completarla creando nuove abitudini.

3. Non azzerate del tutto la vostra vita sociale! Chiamate un’amica che sapete esserci già passata, o anche le vostre compagne di corso pre-parto che forse stanno vivendo in contemporanea le vostre sensazioni. Parlate del vostro disagio con vostro marito, con la vostra famiglia e condividetelo con serenità. Chiedere aiuto non é un segno di debolezza, ma un atto d’amore per sé e per il proprio bambino.

4. Sentitevi libere di non accettare visite. Se non avete voglia di parlare, se non vi sentite emotivamente serene da intrattenere ospiti, se siete stanche o semplicemente avete bisogno di stare sole con il vostro piccolino per creare una vostra nuova routine e conoscervi, non fatelo! Non preoccupatevi di ferire gli altri e di ciò che potrebbero pensare, se sono sufficientemente intelligenti capiranno che è una situazione delicata e vi daranno i vostri spazi. I momenti di inebriante felicità e gratificazione dovuta all’aver messo al mondo una creatura, vi concederanno un momentaneo stop in cui tutto o quasi, vi sarà perdonato.

5. Coccolatevi e prendetevi cura di voi stesse ritagliando del tempo per voi. Diversamente da quanto si pensi, questo è possibile anche senza fare chilometri ma comodamente stando a casa e facendo un bel bagno o doccia rilassante. Sarò sincera, inizialmente sarà difficile trovare il tempo anche solo per togliersi il pigiama. Non sono qua per farvi la paternale e dirvi di farlo perché si deve fare per non annullarsi, si deve fare in rispetto al proprio marito, e bla bla bla… tante belle parole che lasciano il tempo che trovano. Io invece vi suggerisco di fare quello che avete voglia di fare,nulla dovrebbe essere imposto o vissuto come un dovere, specialmente in questi primi giorni. Non preoccupatevi, sarete voi stesse a sentire la necessità di cambiarvi se il piccolo vi rigurgiterà o farà pipì addosso e sarete sempre voi a sentire l’esigenza di lavarvi quando i capelli saranno un groviglio informe. L’unico accorgimento che vi dico di avere è  che almeno in questo momento vi prendiate tutto il tempo di cui avete bisogno per rilassarvi e rigenerarvi, per quanto vi sarà possibile.

6. Non sentitevi in colpa. Anche se c’è omertà e tendenzialmente nessuna delle vostre amiche vi ha parlato di aver passato questi momenti, è bene che voi sappiate che 1 neomamma su 2 vive questa esperienza anche se non la condivide. Non pensate di essere deboli o instabili mentalmente perché vi è capitato. Non vivete la momentanea infelicità come un vostro difetto. Tutto ciò che vi sta capitando è semplicemente dovuto a fattori ormonali e alla stanchezza, ed è fuori dal vostro controllo. Dobbiamo iniziare a pensare alla maternità non solo come momento di estrema gioia ma anche come momento di drastico cambiamento che può condurci momentaneamente a non amare come vorremmo i nostri bambini. Se tutte le mamme sapessero prima che arrivi questo momento, che ci è concesso sentirci così, che è un passaggio del tutto fisiologico e che NON siamo delle cattive mamme, staremmo sicuramente più tranquille a accelereremmo le tempistiche di questa fase, che seppur transitoria può essere molto destabilizzante. .

7. Ultimo “rimedio” contro il baby blues, ma più importante di tutti, è proprio il vostro bimbo appena nato! Soffermatevi ad osservarlo cercando di lasciare da parte le paure e le angosce. Il rimedio più potente contro la tristezza sarà lasciarsi sopraffare da questo rapporto unico che vi accompagnerà per la vita. Non temete se credete di non amarlo o di esservi rovinate la vita, perché vi assicuro che è questa fase di momentanea tristezza a parlare. Alcune mamme si innamorano a prima vista (poche nella realtà, anche se è difficile sentirlo ammettere alle mamme è raro sia così), per quanto mi riguarda non è successo e reputo che capiti solo nei film ma potrebbe succedere. E’ sicuramente vero che per la maggior parte, per imparare ad amare il proprio bambino può volerci del tempo, proprio come succede tra persone adulte. D’altronde siete due individui che hanno bisogno di conoscersi e solo dopo questa fase iniziale solitamente sboccia l’amore vero. Questa fase può durare pochi giorni o settimane, comunque sia, tutti i genitori arriveranno ad amare il piccolo ed accettare la vita che ne consegue.

Io non mi vergogno di ammettere che per me è stata dura.

Io che mi sono sempre ritenuta una persona razionale e pragmatica non potevo credere di essere entrata in questa spirale di tristezza.

Io che ho desiderato per due anni di rimanere incinta non potevo credere di pensare di aver fatto un errore.

Ho trascorso circa 15 giorni a piangere, senza nascondere a nessuno le mie sensazione e anche andando incontro agli sguardi inquisitori della gente, perché infondo sapevo che non potevo vergognarmi di ciò che provavo perché non era ciò che desideravo ma nello stesso tempo non potevo rinnegare.

Poi fortunatamente come è arrivata la malinconia se n’è andata, anche se credo di essermi innamorata perdutamente solo nel momento in cui la mia bimba mi ha rivolto il primo sorriso, quindi intorno al secondo mese.

E quando, qualche settimana più tardi, per la prima volta mi ha teso le mani mi sono resa conto di essere cotta definitivamente e di essere completamente in balia dei suoi occhioni.

Questa è stata la mia esperienza ma visto l’argomento delicato, mi renderebbe molto felice se anche voi, nell’anonimato del web , condivideste la vostra esperienza. Mi piacerebbe davvero che insieme, semplicemente raccontando le nostre storie, riuscissimo a dare supporto a chi, per paura di esprimere queste sensazioni, sta vivendo questa esperienza e non è supportata da nessuno.

Puoi scaricare la guida completa al Baby Bluse andando compilando il form qui.

Tutti i farmaci da tenere in casa quando hai un bambino

Buongiorno a tutte le mammine in linea….

Non so se vi avevo già anticipato che la mia piccolina alla nascita ha avuto qualche difficoltà a causa del suo basso peso, anche per questo motivo, ma soprattutto vista la mia mania per il controllo, il pediatra mi ha stilato un elenco con i medicinali da tenere in casa per ogni evenienza.

Vi dirò la verità, io ho paurissima delle medicine a causa di alcune allergie che io stessa ho, immaginate se i farmaci sono da somministrare ad una neonata, alla mia neonata…Aiutooooo, ecco perché la mia teoria è: medicine solo in caso di estrema necessità. Faccio sempre questa riflessione prima di somministrare qualsiasi cosa, soprattutto se è la prima volta che dovrebbe assumere il farmaci, penso alla possibile reazione al farmaco e al problema che intendo curare, solo dopo decido se somministrarlo oppure no. E poi la regola d’oro, possibilmente mai iniziare una terapia somministrando farmaci la sera o nel week-end.

Tutto ciò per dirvi con estrema onestà che questo elenco mi è stato consegnato dal pediatra ma io effettivamente ho testato pochi rimedi, quindi posso semplicemente condividerlo e scrivervi se ciò di cui ho avuto bisogno, ha realmente funzionato.

Vi consiglio comunque di parlare con il vostro pediatra di fiducia prima di somministrare qualsiasi cosa, questo foglio contiene un elenco di rimedi che io considero meno invasivi possibili e che comunque arrivano da un parere medico, io non possiedo le competenze per potervi consigliare a riguardo se non ciò che io ho testato su mia figlia, pertanto quanto scritto deve essere per voi una sorta di linea guida da condividere e su cui discutere con il vostro pediatra.

TACHIPIRINA 125 Supposte Lattanti =  1 supposta in caso di Febbre > 38°  Da utilizzare solo qualora non sia possibile somministrare le gocce.

TACHIPIRINA Gocce= 4 Gocce per Kg con Febbre > 38° o Dolori Forti (Meglio dosabile in base al peso rispetto alle supposte)

COLINOX Gocce o COLIGERMINA =  in caso di coliche, 10 gocce dopo i pasti, mattino e sera. (Io non l’ho utilizzato ma conosco mamme che lo hanno definito miracoloso). La Coligermina ha lo stesso principio del milycon ma con in più l’aggiunta di fermenti lattici.

ALGINOR Gocce = in caso di coliche forti, 3 gocce per Kg all’occorrenza.

REUTERIL / REUFLOR (Fermenti Lattici) = 5 Gocce al dì preferibilmente lontano dai pasti per le coliche. 5 Gocce per due volte al dì in caso di diarrea. (L’ho utilizzato tutti i giorni per i primi 3 mesi, i bambini nati con cesareo hanno la flora intestinale più debole per questo inizialmente il pediatra me lo aveva consigliato, dopodiché mi sono resa conto che quando ho cominciato a sospenderlo la mia piccola si lamentava per le coliche allora ho ripreso e non ha mai più sofferto tranne i giorni in cui lo finivo. Ha un costo alquanto elevato, io ovviavo comprandolo su Amazon, ma tornassi indietro non avrei alcun dubbio, è stato il mio salvavita)

A-DERMA PRIMALBA = Crema vegetale ipoallergenica, idrata e lenisce la pelle fragile da usare in caso di Dermatite Atopica, anche quotidianamente. (Utilizzata, l’ho trovata ottima)

ARNIGEL-BOIRON: gel a base di arnica per botte, da utilizzare anche dopo le iniezioni da vaccino.

MELILAX PEDIATRIC Microclismi = In caso di Stipsi per più di 2/3 giorni. Lattanti fino a 1 anno, metà microclisma (2.5g), fino ai 3 anni 1 microclisma (5 g) . Dai 3 ai 12 anni 2 microclismi (10g). (Utilizzato diverse volte con la relativa ansia del caso…in realtà posso definirla un esperienza positiva…la bimba non ha patito per nulla, anzi dopo essersi liberata era felice. Dopo averla coricata di lato e mantenuta accovacciata dalle forti braccia di mio marito, e dopo averlo lubrificato con lo stesso liquido interno al microclisma, ho introdotto pochissimo il beccuccio circa 0.5 cm  per paura di farle del male, ogni volta ho praticamente fatto in tempo a chiuderle il pannolino che le avevo messo precedentemente sotto che il risultato è stato istantaneamente ottenuto)

BENTELAN 0.5 COMPRESSE = In caso di disturbi espiratori o di febbre alta in associazione alla tachipirina, 1 compressa da sciogliere in un cucchiaino d’acqua.

GASTROTUSS BABY = In caso di Reflusso, le dosi e modalità di somministrazione variano in base al peso e alla gravità. Può essere utilizzato anche il Riopan ma il Gastrotuss Babu è più leggero e studiato appositamente per gli infanti. (Utilizzato con risultato raggiunto nel tempo, inizialmente sotto indicazione dopo ogni pasto e andando a scalare alternando dapprima i pasti per passare solo al serale e poi solo al bisogno.)

CREMA A BASE DI ZINCO = Sederino arrossato, ad ogni cambio (Io le rare volte in cui ho avuto prblemi di sederino arrossato, solitamente dopo la diarrea persistente, ho utilizzato Connettivina baby e pasta per il cambio della mustela e mi sono trovata benissimo, inoltre anche l’Olio Vea che è naturale e che utilizzavo per le ragadi al seno, è stato risolutivo).

DISPOSITIVI MEDICI:

BILANCIA,  TERMOMETRO, ASPIARATORE NASALE E SOLUZIONE ISOTONICA, AEROSOL (non a ultrasuoni, che seppur più silenzioso, non nebulizza tutti i medicinali) E SOLUZIONE IPERTONICA.

All’occorrenza, quindi non da acquistare anticipatamente, elenco alcuni rimedi naturali e omeopatici adatti a diverse situazioni.

SINATOP = Crema Intensiva non steroidea in caso di Dermatite Atopica. (Utilizzata, risolto il problema ma ha lasciato la pelle un po’ ruvida e secca)

KINDIVAL = Insonnia, sonni Agitati, risvegli improvvisi, 5 granuli prima della nanna, meglio se non troppo ravvicinati alla pappa.

CAMILIA = Disturbi attribuiti alla dentizione del neonato. Una fiala 2/3 volte al giorno.

BALSAMO PRIMI DENTI =  Pasta per disturbi attribuiti alla dentizione del neonato. In commercio potrete trovare anche ALOVEX e DENTINALE (quest’ultimo considerato già medicinale ha anche un anestetico tra i componenti).

COLIKIND = Coliche

CALMì Sciroppo = Irascibilità e nervosismo, da mettere sul ciuccio ogni volta che vogliano esser consolati, o se hanno un fastidio.

RIMIKIND Globuli = medicinale omeopatico con azione fluidificante ed espettorante sui catarri da raffreddamento, libera il naso aiutando nella difficoltà respiratoria. Utile anche in caso di rinite allergica.

Perché Piange? 10 Motivi per capire perché piange + 1 metodo per farlo smettere.

Sempre la stessa domanda atavica: “ma perché piange?”

Amici, parenti e conoscenti lo chiedono spesso.
E, se devo essere sincera, anche io me lo sono chiesta spesso durante i primi mesi di vita di Nina.

Tutti i bambini piangono, chi più, chi meno.

Avete anche voi quell’amica che dice “no, il mio è bravissimo, non piange quasi mai”.

Ed è quel “quasi” che la frega, perché se anche foste il genitore migliore al mondo e vostro figlio fosse calmo e pacifico come il mare di sera d’estate, vi assicuro che il pianto è una cosa del tutto naturale.

Spesso, lo so, è però destabilizzante, ma è l’unico mezzo a sua disposizione per farsi ascoltare e far capire che qualcosa non va, e chi si prende cura di lui deve imparare a decodificarlo correttamente senza farsi prendere dal panico.

I vizi non esistono, esistono i bisogni e sapere che chi lo ama accorre al suo pianto dandogli conforto, è una consapevolezza che il piccolo porterà con sé per tutto il resto della sua esistenza.

Il bambino piange normalmente circa 60-90 minuti al giorno durante le prime 3 settimane di vita, nelle settimane successive il pianto può aumentare di 2-4 ore al giorno, poi gradualmente decresce intorno ai 3 mesi di età.

I motivi spesso sono:

  • fame
  • disagio
  • affaticamento
  • noia
  • eccesso di stimoli
  • caldo
  • sonno
  • qualche disturbo o dolore

Occorre quindi armarsi di tanta pazienza e assecondare quanto più possibile le sue esigenze, ma nel contempo non si deve nemmeno favorire la sregolatezza.

E’ particolarmente difficile mantenere calma e tranquillità quando ancora non si riconosce il pianto del bambino, quando c’è carenza di sonno, senso di impotenza e forse una crisi post parto scatenata dal cambiamento ormonale.

E’ importante però, capire da subito che il bambino non ha ancora i sensi sviluppati ma una particolare empatia che gli permette di percepire la situazione psicologica di chi gli sta vicino, cioè l’umore dei genitori, le loro tensioni, i loro stati d’animo.

Per non entrare in un circolo vizioso è necessario comprendere che la prima cosa di cui ha bisogno un neonato, a parte ciò che gli assicura la sopravvivenza, è un ambiente familiare disteso e sereno e per calmare lui, dovrete necessariamente prima calmare voi stessi.

Questo è assolutamente vero ed è quanto dicono tutti, ciò che non viene detto invece è che i primi giorni sono faticosi e impegnativi e l’ambiente è molto difficile che sia sereno e disteso.

Non siamo cattive madri, ma solo persone che si devono abituare a nuovi ritmi e responsabilità, non vi preoccupate, trascorsi i primi mesi andrà tutto meglio, dovete solo imparare a decodificarlo correttamente senza farvi prendere dal panico, o come dico io a “disinnescare” prima che scoppi una bomba.

Nel momento critico fate alcuni respiri profondi, se necessario lasciatelo piangere e cambiate stanza per un attimo, cercate di capire cosa vi fa impazzire, quali sentimenti personali offuscano la necessità di soddisfare il bisogno del bambino e soprattutto lasciate scivolare via la rabbia e il senso d’impotenza.

Dopodiché sarete pronte per tornare e con razionalità analizzare la situazione:

Cosa stava succedendo prima che piangesse?
Ascoltate il pianto, esaminate il suo comportamento e troverete la soluzione e nel caso non ci riusciste, pazienza, a meno che non stia bene, vedrete che inevitabilmente dopo un po’ si calmerà.

Ora vi consiglierò una lettura che posso tranquillamente definire il mio salvavita. E dopo averlo consigliato a diverse mamme, anch’esse ne sono rimaste estasiate… ha risolto tantissimi miei dubbi!

Vi giuro: i migliori soldi spesi per la mia salute mentale.

Il libro in questione è:  Il linguaggio segreto dei nenonati di Tracy Hogg che potrete trovare qui. All’interno troverete tutte le risposte per i primi giorni insieme,nello specifico di questo argomento, potrete trovare una guida con le risposte alle varie domande e spiegazioni del pianto nei vari contesti e soprattutto una descrizione dettagliata dei vari tipi di carattere del bambino per conoscerlo più rapidamente e prevenire il pianto stesso . Io lo reputo un acquisto indispensabile come supporto nei primi mesi, alla pari dei pannolini.

L’autrice parla inoltre di un metodo chiamato EASY che è una sorta di routine che ti permette di capire in anticipo, poiché il bambino è un essere molto abitudinario, quali sono i bisogni del neonato prima ancora che si manifestino, inoltre, migliorerà la vostra capacità di osservazione, una vera e propria guida per comprendere il comportamento del piccolo.

Di seguito delle indicazioni ispirate proprio dal libro:

1. STANCHEZZA

Solitamente il pianto inizia dopo il gioco, comincia come un lamento e se non viene messo a nanna inarca la schiena, si afferra le orecchie, le guance o si graffia la faccia che gira da una parte all’altra, in braccio cerca di girarsi scalcia in modo scoordinato. Se non lo addormentate prima del terzo sbadiglio con molta probabilità il lamento si trasformerà in pianto

2. ECCESSO DI STIMOLI

Solitamente il pianto inizia dopo il gioco, è un pianto lungo e forte, si agita e si ritrae dagli oggetti, allontana la testa da tutto ciò che è fonte di stimolo, ha uno sguardo spiritato. Se cambiando lo scenario continua a lamentarsi potrebbe essere stanchezza.

3. COLICHE

Cominciano senza preavviso, soprattutto nelle ore serali, è definito pianto inconsolabile. Le crisi di pianto sono accompagnate da agitazione, arrossamento del volto e smorfie, flessione degli arti inferiori verso l’addome, possibile emissione di gas e probabile ricerca del seno materno come tentativo di consolazione. L’unica cosa che potete fare è coccolarlo e dondolarlo a pancia in giù o fargli un massaggio in senso orario attorno all’ombelico. Nel caso in cui le coliche fossero molto frequenti e disturbanti, il vostro pediatra potrebbe consigliarvi un preparato, sia esso naturale o farmacologico.

4. REFLUSSO

Si presenta dopo aver mangiato. Il piccolo si agita e spesso rigurgita, tutto il corpo si irrigidisce tende a distendere le gabine e inarcare la schiena storcendo lateralmente la testa. Fase transitoria che nella maggior parte dei casi non porta problemi ma deve essere valutata dal pediatra.

5. SOLITUDINE

Cominciano se lasciato solo, inizia come versetti rumorosi come colpi di tosse che sfociano in pianto se non gli si dà attenzione, si guarda intorno per cercarvi.

6. FREDDO

Può capitare durante il cambio o dopo il bagnetto. Pianto forte, con tremolio del labbro inferiore, può mostrare segni di cianosi e pelle d’oca.

7. CALDO

Lamento nervoso simile a un respiro affannato che sfocia in pianto, il bimbo si presenta caldo e sudato, rosso in viso, fatica a respirare potrebbe avere puntini rossi sul viso.

8. FAME

Si presenta ogni 3-4 ore. Può anche presentarsi la sera dopo meno tempo se si allatta al seno poiché il latte è meno consistente e più acquoso quindi potrebbe saziare meno. Il pianto è ripetitivo e stabile. Il bimbo inizia succhiarsi le labbra e a muovere la testa lateralmente con il collo allungato indietro cercando il seno, inoltre oltre a portarsi i pugni alla bocca, se avvicinerete qualcosa alla bocca inizierà istintivamente a succhiare.

9. È SPORCO

E’ più un lamento che un pianto vero e proprio. Con i pannolini di oggi è difficile che si lamenti perché è bagnato, era vero anni fa ma ora i pannolini sono studiati appositamente in modo che rimangano sempre asciutti. Invece quando si parla di pupù il discorso cambia. Quando sono sporchi oltre ad accorgervene ovviamente dall’odore, il bambino tenderà a “scodinzolare” muovendo il sederino infastidito.

10. MALESSERE

Pianto forte e insistente, se un bambino, messo a proprio agio, continua piangere insistentemente è meglio consultare il medico, potrebbe non stare bene o avere qualche dolore.

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